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Paccheri farciti di burrata e sauté di carciofi

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In questo periodo che precede l’estate, come sempre accade del resto, la tv, i giornali, il web si trasformano in una grande vetrina colma di “strumenti” atti a renderci migliori in vista della prova bikini, siano essi diete, creme, ricette o massaggi che dovrebbero aiutarci ad affrontare questo temuto appuntamento. Io comincio a marzo dandomi 3 mesi di tempo per rimettermi in sesto, con i migliori propositi di mangiare meglio, di muovermi di più, di diminuire i caffè. Senza rendermene conto i mesi diventano due perché capita sempre che a marzo ci siano tanti compleanni, oppure cene o occasioni speciali nelle quali sarebbe troppo maleducato non mangiare o semplicemente o semplicemente perché non mi sento ancora pronta a rinunciare a quel po’ di self indulgence che mi necessita per svegliarmi col sorriso. Ad aprile incomincia a fare caldino e lo spauracchio della spiaggia comincia ad alitarmi sul collo e allora tiro fuori i libri in seconda fila, quelli sfigati che non consulto mai, quelli che in copertina riportano titoli improbabili quali ” golosità a portata di caloria: tiramisù a 15 calorie a porzione”, li libero della polvere di anni di inattività e me li metto tutti ordinati sul tavolo; il lunedì poi, che è il giorno nel quale programmo il menù della settimana, carica di una buona volontà che in realtà non possiedo, mi siedo, prendo un block notes e cerco di tirarci fuori un menù sano, corretto e bilanciato, che tenga conto delle esigenze di un organismo in crescita (l’adolescente) e di due in calo (noi parents). Puntualmente però mi scontro con la triste realtà e cioè che non esiste niente di simile. Io non vorrei mangiare pasta a meno che non sia integrale e solo come piatto unico, possibilmente insieme a legumi/verdure, l’adolescente mi mangerebbe sia l’integrale che legumi/verdure ma poi mi chiederebbe: “E il secondo?” e il marito rifiuterebbe sia l’integrale che i legumi/verdure e vorrebbe invece pasta e pane tanto raffinati e bianchi da splendere e carne tutti i giorni mentre io non mangio una fettina da 37 anni e l’adolescente la tollera solo una volta la settimana. Un’equazione impossibile da risolvere giusto? E invece finalmente riesco a tirar fuori un menù che tiene conto delle esigenze di tutti ma a questo punto mi rendo conto di due cose: 1° che i famosi libri sfigati non li ho nemmeno aperti 2° che per riuscire nell’impresa dovrei passare la giornata in casa a cucinare senza fare assolutamente altro. Va a finire che il menù diventa una linea guida di massima che verrà cambiata innumerevoli volte in corso d’opera e che non tiene minimamente conto dello spauracchio spiaggia. E siamo già a maggio e mi dico che questo sarà il mese della svolta. Basta rimandare, basta scuse, ora si fa sul serio e così finalmente apro i famosi libri che nel frattempo sono di nuovo polverosi e cerco un’ispirazione ma io ho un blog di cucina, non di uncinetto e devo quindi conciliare la mia necessità di alimentazione light e sana con le ricette che devo pubblicare, che devono essere, al contrario, golose, farti l’occhiolino dalla pagina e spingerti a correre in cucina a sfornare dolci e creme ricche di grassi saturi. È vero che ci sono tanti blog, quello della Mari, per esempio, che riescono a proporre piatti vegan deliziosi senza però farti correre a seppellirti dalla vergogna subito dopo averli consumati ma il mio non è nato come un blog di quel tipo e così nessuno si aspetta da me quel tipo di piatti; il menù della settimana potrà quindi essere anche abbastanza sano ed equilibrato ma poi c’è da preparare quello che il blog richiede e quel che si prepara si mangia ed eccoci al 13 di maggio e ancora mi sveglio la notte con i sensi di colpa ma poi al mattino mi alzo e già penso a quello che preparerò di buono. Una via senza uscita, la mia, che di certo non mi porterà al famoso appuntamento con la spiaggia in serenità d’animo. L’unica cosa che mi fa sentire un pochino virtuosa è l’abitudine che ho preso nelle ultime settimane di bere ogni mattina a stomaco vuoto un biccherone di acqua calda con un cucchiaino di miele e il succo di mezzo limone. L’ho letto qui e devo dire che effettivamente la mistura mi dà una sferzata di energia mai ottenuta col caffè. E il bello è che mi tira talmente su che spesso non sento neppure il bisogno del caffè di metà mattina. Lo so che questa non si può propriamente definire un’alimentazione sana e bilanciata ma magari potrebbe essere un inizio e funziona davvero. Provate e fatemi sapere 😊 La ricetta del post di oggi è un primo piatto, paccheri farciti con una crema di burrata e carciofi sauté e conditi con un semplice sughetto di pomodorini. Non proprio light ma neppure eccessivamente peccaminosa, anzi, potrebbe essere un buon inizio e poi, ripensandoci, ad andare in spiaggia manca ancora un mese. Forse sono ancora in tempo 😉

p.s. Questa ricetta non è ovviamente tratta dai libri sfigati 😊

 

paccheri farciti di burrata e saute di carciofi

paccheri farciti di burrata e saute di carciofi

 

Paccheri farciti di burrata e sauté di carciofi
 
Prep. time
Cook time
Total time
 
Burro e Malla:
Portata: Primo piatto
Porzioni: 2
Ingredienti
  • 8 paccheri di quelli belli grandi
  • 5 cucchiai di stracciatella (il ripieno della burrata) + 2 per guarnire
  • 1 carciofo
  • 2 spicchi d'aglio
  • olio, sale e pepe
  • Pomodorini pachino per il sugo
  • Timo fresco
  • Qualche strisciolina di porro
Istruzioni
  1. Cuocete i paccheri, scolateli molto molto al dente e freddateli immediatamente in acqua fredda.
  2. Nel frattempo reparate un sughino leggero con pomodorini pachino, olio, sale, zucchero, pepe e aglio (che poi toglierete) e passatelo col minipimer.
  3. Togliete al carciofo le foglie esterne più dure poi tagliatelo in 4 e successivamente a fettine.
  4. Fate saltare brevemente in una padellino con poco olio, pepe e uno spicchio d'aglio che poi rimuoverete, trasferite su di un tagliere e tagliate grossolanamente col coltello.
  5. Aspettate che i carciofi si freddino e quindi mescolate con la stracciatella della burrata.
  6. Salate, pepate ed aggiungete qualche fogliolina di timo.
  7. Tagliate qualche strisciolina di porro e cuocetele nel microonde per 30 secondi immerse in poca acqua.
  8. Preriscaldate il forno funzione grill a 200° posizionando la placca del forno bene sotto il grill.
  9. Farcite i paccheri usando una sac a poche e poi legateli a quattro usando una delle striscione del porro.
  10. Preparate due tegliette/padelline da forno individuali, sul fondo di ognuna distribuite il sughetto di pomodorini, e sopra diponetevi quattro paccheri.
  11. Cospargete la parte alta dei paccheri con la stracciatella rimasta, qualche fogliolina di timo e poi passate velocemente sotto il grill per qualche minuto, il tempo sufficiente perché la stracciatella incominci a fondere.
  12. Servite immediatamente.
 

paccheri farciti di burrata e saute di carciofi

 

paccheri farciti di burrata e saute di carciofi

English version

Ingredients:

8 paccheri or any other pasta big enough to be filled
5 tablespoons of stracciatella (the burrata filling) or mozzarella cheese + 2 for garnish
1 artichoke
2 garlic cloves
oil, salt and pepper
Cherry tomatoes for the sauce
fresh thyme and some strips of a leek

paccheri farciti di burrata e saute di carciofi

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Cook and drain the paccheri very “al dente” and cool immediately in cold water.
While the pasta cooks, prepare a light sauce with cherry tomatoes, olive oil, salt, sugar, pepper and garlic and mash with a blender (remove the garlic)
Cut the stalk off the artichoke,  cut into 4 and then into slices.
Sauté in a frying pan with a little oil, pepper and a clove of garlic that you will remove, transfer onto a cutting board and chop with a knife.
Wait until it cools then mix with the burrata (in case you are using the mozzarella, chop it first)
Season with salt, pepper and some fresh thyme.
Cut a few strips of leek and microwave for 30 seconds in some water.
Preheat oven to 200 ° grill.
Stuff the paccheri using a sac a poche and then tie them together with a leek strip.
Get two individual baking trays , spread the bottom with tomato sauce and place the paccheri.
Scatter the top of the paccheri with 2 tablespoon stracciatella left and fresh thyme leaves and bake under the grill for a few minutes, until stracciatella begin to melt.
Serve piping hot.

paccheri farciti di burrata e saute di carciofi


Persian love cake

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persian love cake

Quando ho letto la ricetta del mese per Re-cake #14, la Persian Love cake, mi è naturalmente venuta in mente la mia amica iraniana Mahvash nonostante mi sia anche resa conto che non le ho mai visto preparare un dolce. Nei 6 mesi duranti i quali sono stata sua ospite, a Londra, ho ovviamente mangiato persiano quasi tutti i giorni, ad eccezione di quando lei, che era incinta, aveva voglia di cibo italiano o di quando suo marito ci portava a cena fuori. Ho scoperto così la cucina persiana che è una cucina straordinaria, ricca, raffinata. Nelle sue preparazioni si respirano secoli di storia e tradizioni e la cultura stessa riserva una grande importanza al cibo. Gli iraniani poi hanno un profondo senso dell’ospitalità, talvolta quasi eccessivo e le tavole imbandite quando c’è un ospite sono un vero spettacolo, a dimostrazione della considerazione che si nutre verso che si siede con noi. Più di tutto, quello che mi riporta alla mente quel periodo, i pomeriggi passati con lei spesso in cucina, è il profumo del Basmati cotto in acqua e ghee. Sciacquare il Basmati per il Chelo era un vero e proprio rito. Mahvash metteva dell’acqua fredda in una ciotola di vetro, vi rovesciava il riso e lo lasciava riposare per almeno un’ora, quindi cominciava a sciacquarlo passando le mani nell’acqua piano, a lungo, massaggiandolo; poi buttava l’acqua, ne metteva di pulita e ripeteva l’operazione, senza fretta, mentre mi raccontava episodi relativi alla sua vita in Iran ai tempi del regime dell’ayatollah Khomeini. Poi, quando il Basmati era finalmente pronto ed erano stati eliminati amido e eventuali presenze di talco, Mahvash metteva l’acqua al fuoco e vi scioglieva il ghee e il pregiatissimo zafferano iraniano che andavamo a comprare insieme in un negozietto di specialità persiane. Subito l’aria si riempiva del profumo del ghee ancora più forte di quello dello zafferano ed ecco che l’acqua colorata di un giallo intenso incominciava a muoversi ed era finalmente il momento di cuocere il Basmati; dopo la cottura sarebbe poi rimasto nella pentola su fuoco basso, con il coperchio avvolto in un canovaccio per assorbire l’umidità e trasformare il fondo nel golosissimo tadik, la crosticina di riso croccante che viene servita a parte prima di incominciare a mangiare. I suoi racconti erano terribili ma si rideva tanto e allora mi stupiva che una persona che aveva vissuto tali tragiche vicende potesse ridere, godere della vita come faceva lei. Solo invecchiando ho capito che i sorrisi e le risate più grandi sono proprio di chi ha sofferto molto e vissuto grandi difficoltà e le ha superate. Non è superficialità. È la vita che si prende la sua rivincita.

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Persian love cake
 
Prep. time
Cook time
Total time
 
Burro e Malla:
Portata: Tor
Cucina: Persian
Porzioni: 8
Ingredienti
  • Per la torta:
  • 250 g di yogurt naturale
  • 1 cucchiaino di lievito in polvere
  • 6 uova
  • 220 g di zucchero di canna
  • 150 g di farina di mandorle
  • 150 g di semolino
  • 6 bacche di cardamomo
  • 60 g di pistacchi tritati
  • Un pizzico di zafferano
  • 2 cucchiai di acqua di rose
  • 100 ml di latte di mandorla
  • Buccia grattugiata di un limone o arancia (io limone)
  • Per lo sciroppo:
  • Succo e scorza di un limone o arancia (io limone)
  • 125 ml. di acqua
  • 125 g di zucchero di canna
  • 2 cucchiai di acqua di rose
Istruzioni
  1. Se volete preparare voi stessi l'acqua di rose, il procedimento è molto semplice (a patto di non doverle comprare). Pulite con delicatezza i petali (non trattati) di 3 rose con un tovagliolino imbevuto d'acqua, poi metteteli in un tegamino con solo l'acqua strettamente necessaria a coprirli altrimenti l'acqua di rose risulterà troppo diluita. Appoggiate un piatto fondo sui petali, accendete il fuoco, chiudete col coperchio e fate sobbollire a fuoco basso per una mezz'ora. Mettete del ghiaccio sul coperchio per la formazione della condensa e poi raccogliete l'acqua sopra al piatto. Consumate entro 3-4 giorni (ricetta presa qua)
  2. Preriscaldate il forno a 180°.
  3. Schiacciate i semi di cardamomo e mettete da parte.
  4. Tritate grossolanamente i pistacchi e mettete da parte.
  5. In un tegamino piccolo mettete il latte, lo zafferano e scaldate brevemente e a fiamma bassa.
  6. Nella vasca della planetaria oppure in una ciotola usando,le fruste, sbattete le uova con lo zucchero almeno per 5 minuti. Otterrete una crema densa e molto chiara alla quale andrete ad incorporare usando una spatola di silicone e con movimenti dal basso verso l'alto, lo yogurt, la farina di mandorle, il semolino, il lievito setacciato, il cardamomo, la scorza di limone o arancia ed i pistacchi.
  7. Aggiungete al latte l'acqua di rose e poi unite il tutto al composto di uova mescolando sempre con la spatola.
  8. A questo punto dovete scegliere l'aspetto della torta e il conseguente stampo. Io l'ho usato da 20 perché volevo una torta alta ma se la volete bassa usatene uno da 24. Imburrate lo ed infarinatelo, versatevi l'impasto e cuocete per 45 minuti circa. Io ho cotto solo i primi 15 minuti a 180 e poi ho abbassato la temperatura a 170 ma dovrete basarvi sul comportamento del vostro forno.
  9. Mentre la torta cuoce preparate lo sciroppo, mettendo tutti gli ingredienti in un tegamino e portando ad ebollizione Fini a quando lo sciroppo non si sarà addensato. Ci vorranno circa 5 minuti.
  10. Quando la torta sarà cotta sfornatela e spennellatela con lo sciroppo,quindi guarnitela a piacimento con petali di rosa (anche brinati) e pistacchi tritati
  11. Per brinare i petali scegliete dei petali belli e grandi, spennellateli con albume d'uovo sbattuto da entrambi i lati e poi passateli nello zucchero semolato e fateli asciugare su di una griglia. Prima di essere usati dovranno asciugarsi per un giorno intero
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Come dicevo sopra, con questa ricetta partecipo al Re-cake#14. Questa la pagina Facebook

Per la ricetta dell’acqua di rose il mio grazie a Mimma e Marta ❤️

Quadratini di ganache al rum e uvette

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Quadratini di ganache al rum e uvette

La prima volta che ho preparato questi quadrettini è stato per la festa del papà. Avevo intenzione di donarne una scatolina a mio padre ed una al consorte da parte dell’adolescente. È andata a finire che un terzo ce lo siamo mangiato proprio io e l’adolescente ma i festeggiati sono comunque rimasti contenti della parte che gli è rimasta. Ci sono piaciuti talmente tanto che ho deciso di farne un post, ho nuovamente preparato i quadratini e li ho messi in frigo in attesa di trovare il tempo per fare le foto. Uno per uno però sono spariti dal frigo come per incanto ed eccoci quindi al terzo tentativo. Questa volta ho proibito al resto della famiglia anche solo di annusarli e cercherò di essere più veloce di loro e scattare finalmente queste benedette foto. Questi quadratini sono molto molto alcolici. L’adolescente se li cala come fossero caramelle ma a me dopo due o tre gira sempre la testa quindi, se volete condividerli con i bambini, vi consiglierei di aumentare di un poco la dose di panna e togliere il rum. Una cosa è certa: comunque li facciate saranno un successo. La copertura di cioccolato fondente croccante spolverizzata di profumata polvere di cacao contrasta alla meraviglia con la cremosità della ganache, interrotta qua e là da pezzettini di uvetta imbevuta di rum, insomma, una vera delizia per il palato. La prossima volta voglio provarli con cioccolato bianco e pistacchi giocando magari con i colori del cioccolato di copertura.
La ricetta è di Christophe Felder, uno dei guru della pasticceria francese che mi ha donato ricette straordinarie e qualche chilo in più da smaltire, ma vi assicuro che ne è valsa la pena.

Quadratini di ganache al rum e uvette

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Quadratini di ganache al rum e uvette
 
Prep. time
Total time
 
Burro e Malla:
Portata: cioccolatini
Cucina: French
Porzioni: 24
Ingredienti
  • 60 ml rum
  • 80 g uvette
  • 400 g cioccolato al latte
  • 120 g di panna fresca
  • 200 g di cioccolato fondente tra il 60 al 70% cacao
  • 2 cucchiai di cacao amaro
Istruzioni
  1. Preparate e pesate gli ingredienti e disponeteli sul piano di lavoro.
  2. Ammollare le uvette nel rum per almeno per un'ora.
  3. Tritate finemente il cioccolato al latte (oppure usate le pasticche) e trasferitelo in una ciotola media.
  4. Mettete la panna in un pentolino e portate al bollore su fuoco medio.
  5. Versatela un poco per volta nella ciotola contenente il cioccolato, mescolando dopo ogni aggiunta finchè la ganache non sarà liscia.
  6. Scolate le uvette conservando il rum. Tagliatele grossolanamente ed unitele alla ganache.
  7. Aggiungete il rum e mescolate bene.
  8. Rivestite una teglia da forno con pellicola trasparente lasciandone un bel pezzo d'avanzo e versatevi la ganache.
  9. Raffreddati frigo finchè non sarà indurita, comunque per non meno di 1 ora.
  10. Tagliate finemente il cioccolato fondente e mettetelo in un pentolino che appoggerete su di un casseruola più grande contenente 2,5 cm di acqua che si muove appena e fate sciogliere.
  11. Togliete dal fuoco e mescolate con una spatola di silicone finchè il cioccolato non sarà liscio e lucido.
  12. Trasferite la ganache e la pellicola trasparente sul piano di lavoro. Versate 3 cucchiai del cioccolato fondente sulla ganache ed aiutandovi con una spatola di metallo stendetela su tutta la superficie. Praticate subito i tagli per i vostri quadrettini altrimenti una volta freddato il cioccolato rischiate di romperlo. Aspettate due minuti e poi spennellate con metà del cacao. Coprite con pellicola trasparente, girate e ripetete le operazioni anche sull'altro lato.
  13. Fate raffreddare per un poco e poi tagliate la ganache a quadratini.
  14. Conservateli in frigo all'interno di una scatola a tenuta d'aria e lasciateli circa 30 minuti a temperatura ambiente prima di consumarli affinché la ganache si ammorbidisca al punto giusto. Questo ovviamente se non ci sono 30° all'ombra 😊
 

Quadratini di ganache al rum e uvette

Quadratini di ganache al rum e uvette

Quadratini di ganache al rum e uvette

Quadratini di ganache al rum e uvette

Quadratini di ganache al rum e uvette

 

Quadratini di ganache al rum e uvette

 

Quadratini di ganache al rum e uvette

 

Quadratini di ganache al rum e uvette

 

Quadratini di ganache al rum e uvette

Friands al pistacchio, nocciole e lamponi

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friands al pistacchio nocciole e lamponi

Ho riflettuto molto sulla storia di Chris, se scriverla qui poiché tutto è già stato detto da giornali e televisione, ma sono arrivata alla conclusione che è meglio correre il rischio di ripeterla piuttosto che non diffonderla avendone la possibilità. Il punto è che mi sembrava giusto scriverla, a costo di sembrare ripetitiva. La storia, come dicevo, la conoscono tutti. Chris è un ragazzo che lo scorso dicembre ha perso la sua compagna e il bambino che stava aspettando. Insieme, Chris e Marta gestivano un travel blog molto conosciuto, Blog di viaggi (qui l’intervista di Bigodino appena 3 anni fa). Tanti sogni, tanti progetti, interrotti inspiegabilmente quel giorno di Dicembre così Chris, in memoria di Marta e Leonardo, ha deciso di mettere in atto il progetto rimandato a causa della gravidanza di Marta che era quello di intraprendere un viaggio dell’Italia a piedi per raccogliere fondi da devolvere a favore della cura della fibrosi cistica. E Chris è partito proprio il giorno in cui sarebbe dovuto nascere il loro piccolo, con Marta per mano e Leonardo sulle spalle, come ama pensare lui. Un viaggio di 4000 km, un anno intero di passi da mettere uno davanti all’altro spinto dal ricordo e dalla volontà di impiegare in modo positivo la carica che altrimenti volgerebbe inevitabilmente in odio. Una onlus, #marta4kids che ha già raccolto oltre 40.000 €, una catena di solidarietà che si è messa in moto commossa dalla sua storia e che lo ospiterà lungo tutto il viaggio permettendogli così di non sprecare inutilmente i fondi raccolti. Ho avuto la fortuna di ospitare Chris, questa settimana e quando è ripartito ci ha lasciato un’impronta indelebile nel cuore, con la sua aria malinconica e la sua volontà di ferro e penso davvero che sia molto di più quello che ci ha donato di quello che noi abbiamo fatto per lui. Mi resterà per sempre in mente la sua immagine, di schiena, mentre riparte per il suo viaggio, sull’argine, da solo e vorrei aver fatto di più, vorrei essere riuscita a sollevarlo anche solo per un momento dal terribile peso che porta con se ma  quello potrà farlo solo il tempo. Quello che ci è permesso di fare è donare qualcosa alla sua causa e, se ci è possibile, condividere un pezzettino della strada con lui, Marta e Leonardo.
Non faremo del bene a lui, lo faremo a noi stessi.

Intestatario : MARTA4KIDS ONLUS

iban: IT48X0200860260000104117188

Per contattare l’associazione: info (at) marta4kids.com

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Friands al pistacchio, nocciole e lamponi
 
Prep. time
Cook time
Total time
 
Burro e Malla:
Portata: Dolcetti
Cucina: French
Porzioni: 12
Ingredienti
  • 115 g di burro morbido
  • 90 g di farina
  • ¾ di cucchiaino di lievito chimico
  • 50 g di farina di mandorle
  • 40 g di farina di pistacchi
  • 40 g di farina di nocciole
  • 190 g di zucchero a velo
  • 5 albumi
  • 2 cucchiaini di estratto di vaniglia
  • 50 g di pistacchi sbucciati
  • 200 g di lamponi lavati
  • Zucchero a velo per decorare
Istruzioni
  1. Preriscaldate il forno a 160° ed imburrate da 12 formine per friands (vanno bene anche gli stampi da muffins oppure quelli monoporzione in alluminio per creme caramel).
  2. Mettete tutti gli ingredienti eccetto i pistacchi sbucciati ed i lamponi dentro alla ciotola della planetaria oppure in un mixer e mescolate at alta velocità finché il composto non sarà spumoso (un minuto circa). Usando un cucchiaio ripartitelo nelle formine imburrate riempiendole solo per ¾ e poi distribuite sopra ad ognuna 3 lamponi e qualche pistacchio.
  3. Cuocete per 15/20 minuti e poi fate raffreddare brevemente nelle formine , quindi rimuovete i friand e spolverizzate abbondantemente con lo zucchero vanigliato. Se si volessero conservare per qualche giorno, teneteli in un contenitore a tenuta d'aria.
 

friands al pistacchio nocciole e lamponi

friands al pistacchio nocciole e lamponi

Questa è un’altra delle ricette della Violet Bakery di Londra. Avevo già provato questi straordinari  Nutty chocolate Barbados biscuits e anche questi friands sono davvero molto molto buoni. Una ricetta velocissima, da poter preparare all’ultimo minuto, friands morbidi, profumati di frutta secca e bagnati, a tratti, per la presenza dei lamponi. Tante le golose variazioni: pesche, ciliegie, pere, prugne.. Unico limite la vostra fantasia 😊

friands al pistacchio nocciole e lamponi

friands al pistacchio nocciole e lamponi

English version

Ingredients:

115 g melted butter
90 g plain flour
3/4 teaspoon baking powder
50 g ground almonds
40 g ground pistachios
40 g ground hazelnuts
190 g icing sugar
5 eggs whites, slightly whisked
2 teaspoons vanilla extract
200 g fresh raspberries
50 g slivered pistachios
Icing sugar for dusting

friands al pistacchio nocciole e lamponi

friands al pistacchio nocciole e lamponi

 

Preheat the oven to 160°. Grease 12/14 friands or cupcakes tins. Put all the ingredients except the slivered pistachios and the raspberries into the electric mixer or food processor bowl and blitz until foamy (about 1 min). Pour the mixture into the tins, filling them for 3/4 then top each with raspberries and pistachios. Bake for 15/20 minutes, leave to cool in their moulds then remove and dust with icing sugar. You can keep the friands in an airtight container for a few days.

 

friands al pistacchio nocciole e lamponi

friands al pistacchio nocciole e lamponi

Cheesecake co’bischeri

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cheesecake co'bischeri

La torta co’bischeri è una ricetta tipica della provincia di Pisa, nello specifico della zona di San Giuliano ed è, come probabilmente altre innumerevoli ricette italiane, assolutamente sconosciuta a chi non è pisano. Il termine bischero ha numerosi significati. Uno è il modo scherzoso con cui si apostrofa chi ha fatto qualcosa di stupido da qui la frase “Hai fatto una bischerata” oppure di una cosa fatta male si dice: “fare una cosa a bischero sciolto”. Non è un assolutamente un termine offensivo; con esso si giudica un’azione, non la persona. Il bischero però in pisano è anche un sinonimo fallico ed è probabilmente questo il significato dei bischeri della torta, visto che la pasta frolla che contiene la crema di cioccolato, riso ed uvette viene ripiegata sul bordo esterno in tante piccole punte. La torta co’bischeri è probabilmente il piatto più famoso di Pisa e uno degli ingredienti fondamentali è il famoso pinolo del Parco di San Rossore, quello che costa a peso quanto l’oro ma l’unico che col suo profumo è capace di farmi fare un viaggio a ritroso nell’infanzia in un nano secondo. Essendo una delle 15 foodblogger del network di iFood che partecipano al Contest Babbi Dolci Freschi promosso da iFood in collaborazione con Babbi, basato sulla realizzazione di dolci freschi ed estivi ho deciso di contaminare la torta co’bischeri con un’influenza americana “spogliandola” della pasta frolla che la rende un dolce invernale e usando la crema di cioccolato e pinoli come topping per un cheesecake. Tra le golosissime creme spalmabili che la Babbi ci ha regalato, ce n’era una al cacao davvero straordinaria, così ho utilizzato quella al posto del cioccolato fondente ed il risultato è stato sorprendente. Mescolata ai pinoli e al riso infatti ha dato una consistenza unica al topping. Un dolce fresco ma comunque ricco e profumato e non me ne vogliano i miei conterranei, forse dirò anche una bischerata ma a me questa versione è piaciuta anche di più di quella tradizionale 😊

cheesecake co'bischeri

cheesecake co'bischeri

 

5.0 from 1 reviews
Cheesecake co'bischeri
 
Prep. time
Cook time
Total time
 
Burro e Malla:
Portata: torte
Porzioni: 12
Ingredienti
  • Ingredienti per una tortiera rotonda con bordo sganciabile di 22 cm di diametro pari a circa 12 porzioni:
  • Per la base:
  • 250 g di biscotti secchi
  • 50 g di pinoli Pisani
  • 80 g di burro
  • 1 cucchiaino di miele
  • Per la crema al formaggio:
  • 350 g di formaggio quark
  • 100 g di ricotta di mucca
  • 135 g di zucchero semolato
  • 100 ml di panna fresca
  • 3 uova
  • ⅓ dei semi di una bacca di vaniglia
  • Per la crema al cioccolato:
  • 100 g di riso originario
  • 250 g di crema Babbi al cacao
  • 50 g di uvetta
  • 50 g di pinoli
  • I semi di mezza bacca di vaniglia
Istruzioni
  1. Per la base:
  2. Tritate finemente pinoli e biscotti (il modo migliore sarebbe utilizzare un mixer), trasferiteli in una ciotola e mescolateli al burro a temperatura ambiente e al miele.
  3. Mettete il trito nella tortiera e schiacciate bene con le mani per compattarlo quindi cuocete in forno preriscaldato a 170° per 12 minuti circa.
  4. Per la crema al formaggio:
  5. In una ciotola capiente mescolate la ricotta setacciata con il formaggio quark, lo zucchero, i semi di vaniglia, la panna e le uova leggermente sbattute.
  6. Ricoprite la base di biscotto con la crema ottenuta e cuocete in forno preriscaldato a 160° per 1 ora circa, lasciando gli ultimi 5 minuti lo sportello aperto per la fuoriuscita del vapore.
  7. Fate freddare una mezz'ora prima di coprire con la crema al cioccolato
  8. Crema al cioccolato:
  9. Cuocete in acqua leggermente salata il riso per 15 minuti circa, scolatelo e fatelo freddare una decina di minuti.
  10. In una ciotola versate la crema di cacao Babbi, unitevi il riso, l'uvetta, i pinoli ed i semi di mezza bacca di vaniglia. Mescolate bene.
  11. Fate raffreddare il cheesecake per un'ora quindi ricopritelo con la crema e fate freddare in frigo per almeno 3 ore prima di servire.
 

cheesecake co'bischeri

cheesecake co'bischeri

cheesecake co'bischeri

Con questa ricetta partecipo al contest Babbi dolci freschi di iFood, in collaborazione con Babbi

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Confettura di ciliegie in 8 minuti

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confettura di ciliegie

Quando ho letto il post dello Zio Piero ho capito che avrei dovuto immediatamente provare questo metodo di confettura e questo per svariati motivi. Prima di tutto perché molto spesso anche il solo vedere un gran quantitativo di frutta con tutto quel che ne consegue, sbucciatura, pezzatura, cottura, sterilizzazione dei tappi e dei barattoli, invasatura, sterilizzazione dei barattoli pieni, mi scoraggia e mi fa venire voglia di correre a comprarmi la confettura già pronta. Secondo, mangiare la stessa confettura mi annoia (ad eccezione di quella di arance) e prepararne tanta dello stesso tipo mi fa passare immediatamente la voglia di quel gusto. Terzo, d’estate fa caldo, troppo caldo e mi rifiuto di passare ore e ore a mescolare frutta sopra ad un fornello. Questo sistema elimina tutte le suddette controindicazioni ed entra di prepotenza nella mia hit parade delle ricette. Certo non è che ne venga tanta, di confettura, ma del resto si fa così in fretta che se ne può preparare un vasetto al giorno senza tema di stancarsi troppo. Lo zio Piero parla di 250 g di frutta per 8 minuti di cottura ed infatti due giorni fa con le fragole quella è la dose che ho usato. Ieri però ho voluto prepararne anche di ciliegie ma una volta denocciolate e pesate, mi sono resa conto che erano 350 g ed ho deciso di tentare, aumentando di conseguenza anche il quantitativo di zucchero. Esperimento riuscito. La confettura è venuta buona quanto quella con 250 g e la cottura, da 8 minuti è passata a 12, che è comunque un tempo più che accettabile. Con 350 g sono riuscita a riempire quasi del tutto un barattolo di 290 ml. e il vantaggio di una cottura così breve è che si mantiene quasi inalterato il gusto della frutta. Lo zio mette anche il link di Teonzo, che è colui il quale ha proposto per primo questo sistema. Vi consiglio di darci un’occhiata perché è un vero trattato sul tema molto molto interessante davvero. Dunque, frutta alla mano e via con la produzione perché preparare la confettura non è mai stato così facile.

 

confettura di ciliegie

 

confettura di ciliegie

 

Confettura di ciliegie in 8 minuti
 
Prep. time
Cook time
Total time
 
Burro e Malla:
Portata: Conserve
Ingredienti
  • 350 g di ciliegie lavate e denocciolate
  • 110 g di zucchero
  • Il succo di mezzo limone
Istruzioni
  1. Per prima cosa preparate i vasetti ed i tappi perché quando la confettura sarà pronta vi dovrà essere versata immediatamente. Io li metto nel forno a microonde pieni di acqua a metà e lo stesso faccio con i tappi dato che ultimamente uso quelli di vetro e li riscaldo finché l'acqua non bolle proprio prima di riempirli con la confettura.
  2. Prendete le ciliegie e mettetele in una casseruola/padella bassa e larga infatti le ciliegie devono coprire la superficie ma non sovrapporsi.
  3. Unite lo zucchero ed il succo del limone e mettete su fiamma alta.
  4. Appena lo zucchero sarà sciolto e appariranno le prime bolle, date una passatina di frullatore ad immersione e poi rimettete sul fuoco, questa volta medio, fino a che la frutta non raggiungerà la temperatura tra 105° (temperatura minima per la gelificazione della pectina) e 108° oppure non appena supererà la prova piattino.
  5. Versate nel barattolo, chiudete con il tappo e capovolgete immediatamente. Tenetelo a testa in giù per 5 minuti e poi giratelo nuovamente e fate freddare.
 

confettura di ciliegie

 

confettura di ciliegie

 

confettura di ciliegie

 

confettura di ciliegie

 

confettura di ciliegie

Krempita con composta di ciliegie

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krempita con composta di ciliegie

 

Per la prima volta da quando ho iniziato a seguire Re-cake questo mese non sono riuscita a pubblicare in tempo. Il problema è che da due settimane circa sono al mare e come ogni anno ho enormi problemi con i gestori telefonici. Il primo anno di blog avevo la 3. Alla fine dell’estate mi erano spariti tutti i soldi della ricaricabile senza neppure capire il perché. La seconda estate, dopo essermi lamentata, mi avevano consigliato una ricaricabile al mese che costava 30 € ma che, dicevano, mi avrebbe protetto il credito. Metà del primo mese e i soldi erano spariti di nuovo. Decido di cambiare operatore e passo a Tim così quest’anno pensavo di pagare un po’ di più ma dormire sonni tranquilli invece i soldi non me li rubano più ma non ho assolutamente campo né in casa né fuori e quindi pubblicare è diventato un vero pensiero. Questo post martedì era pronto, foto comprese, ma la linea è risultata inesistente fino ad oggi quindi ormai sono fuori gara. Va beh, in realtà ne è valsa comunque la pena perché la krempita, dolce croato che non conoscevo e che è il tema del Re-cake #15 del mese di giugno, merita tutto lo sbattimento che necessita. La ricetta non è complicata di per se ma è composta da strati diversi quindi il trucco secondo me è prepararla a steps e il risultato vi garantisco che vi ripagherà ampiamente. Essendo qua al mare e togliendo già tempo all’adolescente che spesso è costretto in casa perché io devo cucinare, ho deciso di usare pasta sfoglia acquistata ma quando tornerò a casa preparerò nuovamente la krempita preparando la sfoglia. La composta di ciliegie però, grazie alla ricetta in 8 minuti che ho pubblicato la scorsa settimana, l’ho preparata espressa ed è davvero buona.

 

krempita con composta di ciliegie

krempita con composta di ciliegie

 

Krempita con composta di ciliegie
 
Burro e Malla:
Portata: Dolcetti
Cucina: Croatian
Ingredienti
  • Per la pasta biscotto:
  • 5 uova
  • 100 g di zucchero semolato
  • 40 g di olio
  • 50 g di acqua calda
  • 100 g di farina
  • Scorza di 1 limone non trattato
  • 1 bustina di lievito per dolci
  • Io ho anche aggiunto una manciata di pistacchi tritati grossolanamente per dare un po' di croccantezza alla pasta biscotto ma nella ricetta non c’era.
  • Per la guarnizione:
  • 400 g di composta di ciliegie
  • 60 g di zucchero semolato
  • 1 stecca di vaniglia
  • 50 g di amido di mais
  • Per la crema pasticcera:
  • 1 lt di latte intero
  • 25 g di zucchero semolato (io 50)
  • 40 g di zucchero vanigliato
  • 5 tuorli
  • 2 stecche di vaniglia
  • 90 g di amido di mais
  • 2 fogli di colla di pesce
  • 50 ml di panna (che si può omettere)
  • Per la meringa:
  • 5 albumi
  • 85 g di acqua
  • 250 g di zucchero semolato
  • Per il "guscio":
  • 250 g di pasta sfoglia
Istruzioni
  1. Preriscaldate il forno funzione statica a 180°
  2. Dividete la pasta sfoglia in due parti uguali, bucherellatele entrambe con i rebbi di una forchetta e poi foderate con una di esse una tortiera 30x40, possibilmente a cerniera.
  3. Trasferite in frigo.
  4. Pasta Biscotto:
  5. Nella planetaria montate le uova con lo zucchero, aggiungete l'olio, la farina ed il lievito setacciati, la scorza di limone grattugiata, la granella di pistacchio e per ultima l'acqua calda continuando a mescolare.
  6. Versare il composto ottenuto sopra alla pasta sfoglia nella teglia.
  7. Cuocete per circa 15 minuti e fate raffreddare.
  8. Nel frattempo cuocete sempre a 180° la seconda parte di sfoglia che costituirà la parte superiore della krempita. Copritela con carta forno e mettetevi sopra dei legumi secchi per non farla alzare in cottura compromettendo la forma finale.
  9. Una volta cotta, avvolgetela in un panno inumidito appena è fate raffreddare.
  10. Composta di ciliegie:
  11. Mettete metà della dose della composta in un pentolino, aggiungete lo zucchero e portate ad ebollizione.
  12. Nell'altra metà aggiungete i semini di vaniglia e l'amido di mais mescolando bene finché non ci saranno grumi.
  13. Travasate la metà con l'amido nel tegamino con l'altra metà e mescolate a fuoco basso finchè non si addenserà.
  14. Versatela quindi sulla pasta biscotto, livellate e fate freddare.
  15. Crema pasticcera:
  16. Mettete i fogli di colla di pesce in acqua fredda.
  17. Portate ad ebollizione 700 ml del litro di latte insieme alla panna, aggiungete lo zucchero vanigliato e mescolate.
  18. In una ciotola montate i tuorli con lo zucchero semolato, aggiungete i semi di vaniglia, l'amido di mais e i 300 ml rimasti di latte.
  19. Mescolate bene quindi versate nel latte/panna caldi e continuate a cuocete a fuoco basso mescolando continuamente con una frusta finchè la crema non sarà diventata molto soda.
  20. Togliete dal fuoco, aggiungete la colla di pesce strizzata e mescolate bene accertandovi che si sciolga completamente.
  21. Foderate la ciotola con pellicola trasparente a contatto con la crema in modo che non si secchi e fate freddare.
  22. Meringa:
  23. Incominciate a montare gli albumi senza però farlo completamente.
  24. Mettete acqua e zucchero in un pentolino e cuocete finchè lo zucchero non sarà sciolto formando uno sciroppo. La temperatura dovrà essere di 121°.
  25. Versate lo sciroppo a filo sugli albumi continuando a montare finchè gli albumi non formeranno una massa solida e spumosa.
  26. Prendete una parte della meringa ed unitela alla crema per scioglierla un pò e poi incorporatevi il resto mescolando con una spatola con un movimento dal basso verso l'alto per non smontarla.
  27. Versate la crema ottenuta sulla composta e livellate.
  28. Tagliate la sfoglia che dovrà coprire la vostra krempita a quadrati o rettangoli per rendere più semplice il porzionionamento quindi ricomponete la sfoglia sopra la crema e fate riposare in frigo per almeno un giorno.
  29. Prima di servire la krempita spolverizzatela abbondantemente di zucchero a velo
 

krempita con composta di ciliegie

 

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Con questa ricetta partecipo al Re-cake #15. Questa la pagina Facebook

 

Bicchierini con crema di semola, mascarpone, crumble e fichi caramellati

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bicchierini di crema di semola mascarpone e fichi caramellati

 

Ancora oggi, dopo due anni e mezzo che ho aperto il blog, stento a riconoscermi come foodblogger e quando leggo i commenti alle mie ricette oppure ricevo likes alla pagina Facebook mi stupisco un pò. Ora, chiariamo subito, il mio blog non è certamente un blog famoso, non vengo contattata dai settimanali, la Clerici non mi chiamerà mai a partecipare alla Prova del cuoco come rappresentante della categoria e prima di festeggiare i 1000 followers su Facebook probabilmente camminerò usando la mazza e comunque ogni successo mi coglie di sorpresa, come se non me lo meritassi; perché in realtà io dentro resto la mamma che ha scelto, invece del quaderno rilegato, un modo un po’ più moderno di annotarsi le ricette venute bene, per lasciarle insieme a qualche riga al figlio che con molta probabilità non le leggerà mai (che tra l’altro mi devo informare perché se mi dovesse succedere qualcosa magari il blog me lo cancellano e tutto questo lavoro lo avrei fatto per nulla). E così quando sono stata scelta insieme ad altre 14 foodblogger dall’azienda Babbi per inventarmi 3 ricette per il contest Babbi dolci freschi promosso da iFood, la mia prima reazione è stata quella di ricontrollare per timore che avessero sbagliato persona, la seconda di nascondermi. Alla paura iniziale però si è presto sostituita l’eccitazione della sfida. I prodotti Babbi sono buoni già da soli e dovevo quindi riuscire ad inventarmi qualcosa che esaltasse e non coprisse il sapore delle creme che avevo a disposizione. Per la prima ricetta, il Cheesecake co’bischeri, ho utilizzato la crema spalmabile al cacao mentre per questa che è la seconda, ho deciso di utilizzare i fichi caramellati. La crema di semola e quella di mascarpone hanno gusti molto delicati e sono la base perfetta per la ricchezza zuccherina dei fichi caramellati. Il crumble croccante poi contrasta a meraviglia con la morbidezza delle creme e il risultato mi ha soddisfatta pienamente. Prima di arrivare alle versioni finali delle ricette ci sono state prove, tentativi, ritocchi e ovviamente anche questi sono stati consumati entusiasticamente dall’adolescente che si è dichiarato molto contento della sfida Babbi che gli ha permesso di consumare un quantitativo di dolci che nemmeno in un mese gli avrei fatto mangiare. Le mie ricette magari da grande non le leggerà ma almeno gode dei risultati e allora vorrà dire che mi farò bastare questo ❤️

 

bicchierini di crema di semola mascarpone e fichi caramellati

 

bicchierini di crema di semola mascarpone e fichi caramellati

 

Bicchierini con crema di semola, mascarpone, crumble e fichi caramellati
 
Prep. time
Cook time
Total time
 
Burro e Malla:
Portata: creme
Porzioni: 6
Ingredienti
  • Per la crema di semola:
  • 250 g di latte
  • 75 g di zucchero
  • 15 g di burro
  • 50g di semola
  • 20 g di latte freddo
  • 80 g di panna fresca
  • ½ bacca di vaniglia
  • Scorza di un limone non trattato
  • Per la crema di mascarpone:
  • 200 g di mascarpone
  • 100 g di panna fresca
  • 30 g di zucchero a velo
  • 30 g di cognac
  • Per il crumble alle mandorle:
  • 100 g di farina
  • 100 g di farina di mandorle
  • 50 g di zucchero di canna
  • 50 g di zucchero semolato
  • 100 g di burro
  • Una puntina di sale
  • Fichi caramellati Babbi
  • Mandorle a lamelle
Istruzioni
  1. Per la crema di semola:
  2. Mettete a riscaldare il latte, lo zucchero, i semini della vaniglia, la scorza di limone grattugiata e il burro. Appena incominciano a formarsi le prime bollicine rovesciatevi la semola e cominciate immediatamente a mescolare con una frusta. La semola dovrà cuocere solo un minuto o due altrimenti diventerà troppo soda e sarà impossibile incorporarvi la panna. Versatevi subito il latte freddo continuando a mescolare e poi fate freddare girando di tanto in tanto.
  3. Nel frattempo montate la panna che andrete ad incorporare alla semola quando questa sarà completamente freddata. Fate bene attenzione a non smontarla troppo, incorporandola con movimenti dal basso verso l'alto. Riempite i bicchierini con la crema ottenuta e mettete in frigo almeno per un'ora altrimenti quando andrete a mettere i fichi caramellati non faranno strato ma coleranno all'interno.
  4. Per la crema di mascarpone:
  5. Mescolate il mascarpone con una forchetta fino ad ammorbidirlo un poco e poi aggiungetevi la panna fresca liquida, il cognac e lo zucchero a velo.
  6. Mettete anche questa crema in frigo.
  7. Per il crumble alle mandorle:
  8. Mettete tutti gli ingredienti in un mixer e lavorare solo il tempo necessario perché si formino delle palline di impasto. Per chi non possedesse un mixer, basterà mettere gli ingredienti su di un piano di lavoro e con l'aiuto del burro incominciare a lavorarli sbriciolandoli con le dita, un po' come si fa per il cous cous. Distribuite le palline su di una teglia rivestita con carta forno e cuocete in forno preriscaldato a 180° dai 15 ai 20 minuti. Il crumble deve diventare di un bel colore dorato.
  9. Aspettate che il crumble si sia freddato ed andate a riempire i bicchierini che contengono già la crema di semola. Sopra alla semola mettete qualche fico caramellato tagliato grossolanamente, decorate con un poco di crumble quindi fate uno strato di crema al mascarpone, altri fichi caramellati, ancora un pò di crumble e come strato finale una manciata a di mandorle a lamelle.
  10. I bicchierini dovranno riposare ancora un'oretta in frigo prima di essere serviti oppure si possono conservare congelati.
 

bicchierini di crema di semola mascarpone e fichi caramellati

 

bicchierini di crema di semola mascarpone e fichi caramellati

Il crumble di sicuro vi avanzerà ma non è per errore che vi ho dato le dosi un poco maggiori di quello che vi servirà per i bicchierini. Il crumble avanzato trasferitelo in un sacchetto per alimenti e conservatelo nel congelatore. Quando avrete voglia di un’aggiunta golosa al vostro gelato, allo yogurt, alla crema, alla macedonia, vi basterà infilare una mano nel sacchetto e prelevarne un poco. Per l’alto contenuto di grassi che contiene, il crumble non congela del tutto e quindi è molto pratico anche se ci serve all’ultimo momento proprio perché non deve scongelare. Provate e fatemi sapere 😊

bicchierini di crema di semola mascarpone e fichi caramellati

 

bicchierini di crema di semola mascarpone e fichi caramellati

 

bicchierini di crema di semola mascarpone e fichi caramellati

 

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bicchierini di crema di semola mascarpone e fichi caramellati

 

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Con questa ricetta partecipo al contest Babbi dolci freschi di iFood, in collaborazione con Babbi


Dacquoise con crema di pistacchi e gelèe di lamponi

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dacquoise con crema di pistacchi e gelee di lamponi

 

 

 

E questa è la mia ultima proposta per il Contest Babbi dolci freschi promosso da iFood in collaborazione con l’azienda Babbi per quest’estate. Per quel che mi riguarda è stata una bella sfida cercare ricette che non fossero viste e riviste anche se ovviamente c’è molto poco che si possa inventare oramai. Ho cercato però di mescolare generi e tradizioni diverse prendendo spunto dalle ricette classiche e il risultato, devo essere sincera, mi ha soddisfatta anche se lontano dalla perfezione ma del resto non sono una pasticciera. I prodotti Babbi che ho utilizzato, la crema spalmabile al cacao per il Cheesecake co’bischeri, i fichi caramellati per i Bicchierini di crema di semola e la crema al pistacchio, per quest’ultima ricetta, mi hanno soddisfatta pienamente e si sono rivelati ottimi alleati per la riuscita delle preparazioni; se poi tutto luglio l’ho passato mangiando dolci, beh, c’è sempre Agosto per mangiare insalate e con tutte le disgrazie che stanno succedendo quest’estate ci vorrebbe comunque ben altro per raddolcirsi le giornate.

dacquoise con crema di pistacchi e gelee di lamponi

dacquoise con crema di pistacchi e gelee di lamponi

 

 

 

5.0 from 1 reviews
Dacquoise al mascarpone e pistacchio
 
Prep. time
Cook time
Total time
 
Burro e Malla:
Portata: Torte
Cucina: french
Porzioni: 8
Ingredienti
  • Per la dacquoise alle mandorle e nocciole:
  • 115 g di mandorle
  • 35 g di nocciole
  • 150 g di albumi (circa 5)
  • 150 g di zucchero
  • Per la crema mascarpone e pistacchi:
  • 250 g di mascarpone
  • 150 g di crema Babbi al pistacchio
  • 100 g di zucchero a velo
  • Per la gelée di lamponi:
  • 250 g di lamponi freschi
  • 100 g di zucchero a velo
  • 5 g colla di pesce
Istruzioni
  1. Dacquoise:
  2. Tritate finemente le mandorle e le nocciole in un mixer.
  3. In una planetaria montate gli albumi e un poco della dose dello zucchero a velocità media fino a quando, alzando le frusta, creeranno una punta morbida, quindi aggiungete il resto dello zucchero e continuate a montare finche non saranno fermi e lucidi.
  4. Incorporatevi le farine di mandorle e nocciole usando una spatola di silicone e con un movimento delicato dal basso verso l'alto per non far sgonfiare la massa.
  5. Riempitevi una sac a poche con bocchetta di 1 cm.
  6. Prendete un anello per torte regolabile quadrato ed appoggiatelo su di una teglia foderata con carta forno e usando la sac a poche tracciate delle linee riempiendo tutta la superficie dell'anello.
  7. Cuocete a 180° in forno preriscaldato per circa 15/20 minuti.
  8. Fate raffreddare su di una griglia e quindi dividete in due parti uguali.
  9. Crema mascarpone e pistacchi:
  10. Ammorbidite con una forchetta il mascarpone quindi montatelo brevemente con lo zucchero a velo ed incorporatevi la crema di pistacchi Babbi. Fate riposare la crema in frigo almeno per un'ora.
  11. Gelée di lamponi:
  12. Per prima cosa ammollate la gelatina in acqua fredda. Frullate i lamponi e setacciateli per eliminare i semini. Mescolate con lo zucchero e riscaldate brevemente in una padella quindi unite la gelatina ben strizzata, mescolate bene e fate riposare controllando il grado di densità prima di coprire la dacquoise.
  13. Montate la torta all'interno dell'anello mettendo una delle due metà della dacquoise. Riempite una sac a poche con la crema di mascarpone e pistacchi e distribuitela sulla base. Coprite con l'altra metà della dacquoise e mettete in frigo almeno per un'ora.
  14. Quando sarà ben fredda copritela con la gelée di lamponi e quindi tenete almeno una notte in frigo prima di servire.
 

 

 

dacquoise con crema di pistacchi e gelee di lamponi

 

dacquoise con crema di pistacchi e gelee di lamponi

dacquoise con crema di pistacchi e gelee di lamponi

 

dacquoise con crema di pistacchi e gelee di lamponi

Con questa ricetta partecipo al contest Babbi dolci freschi di iFood, in collaborazione con Babbi

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Credits: C. Felder, L. Montersino

Saluti e Nizza nel ❤️

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La ricetta della dacquoise è l’ultima ricetta che posterò. Ci ritroveremo a settembre più riposati ma soprattutto, spero, un poco più sereni. Io andrò come tutti gli anni qualche giorno in Costa Azzurra, a Nizza, perché voglio dare nel mio piccolo un messaggio forte e chiaro: non riusciranno a cambiarci, né con le bombe né con i camion, la democrazia che abbiamo così dolorosamente e faticosamente guadagnato è ormai nel nostro DNA e i puerili, sterili, crudeli tentativi di chi non lo accetta non serviranno. Il mio affetto ai fratelli francesi lo andrò a testimoniare di persona prima di tutto perché quello di cui hanno bisogno ora non è certo essere lasciati soli, nemmeno economicamente e poi perché mi piace pensare che a dispetto di tutte le difficoltà che l’unione degli stati che compongono l’Europa sta incontrando, restiamo fratelli pronti ad unirsi per il bene comune che è la pace. Pubblico di nuovo le foto che pubblicai nell’aprile 2014, come tributo a Nizza e alla sua gente e perché siano di buon augurio ad una città che amo e alla quale auguro di poter trovare, in qualche modo, la forza di andare avanti. Il mio pensiero corre alle persone ritratte nelle foto. Mi chiedo quante di esse fossero sulla Promenade des Anglais lo scorso giovedì, mi chiedo se stanno bene, ma ma poi scelgo di immaginarle come le ha fermate il mio obbiettivo, chine su vecchie illustrazioni, intente a pulire fiori di zucca, sedute ad un tavolino con l’immancabile bicchiere di vino davanti, occupate a servire profumate fragole al mercatino dei fiori; gente comune in un comune sabato di aprile.

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nizza

❤️

Pissaladière di ceci

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pissaladiere di ceci

 

Anche Settembre mi sta sgusciando via dalle dita prima che abbia anche solo provato ad afferrarlo. Quest’estate è stata un’estate senza social grazie ad una connessione praticamente inesistente e il rientro ha portato con se cambiamenti ai quali fatico ad abituarmi. Progetti ne ho, prima di tutto cercare di pubblicare cose un poco meno impattanti su fegato e peso anche se non abbandonerò mai la pasticceria francese; poi proseguirò con quello che ho fatto tutta l’estate cioè cucinare etnico, soprattutto indiano e poi ho anche intenzione di rincominciare a pubblicare anche in inglese come facevo un po’ di tempo fa. Intanto vi lascio con qualcosa di goloso ma bilanciato, una ricetta del grande Yotam.

 

pissaladiere di ceci

 

Pissaladière di ceci
Una golosa variante della celebre socca nizzarda
Porzioni Tempo di preparazione
4persone 30minuti
Tempo di cottura
35 minuti
Porzioni Tempo di preparazione
4persone 30minuti
Tempo di cottura
35 minuti
Istruzioni
  1. Per prima cosa preparate i pomodorini confit: Preriscaldate il forno a 130 gradi. Tagliate i pomodorini e metteteli con il taglio rivolto in su all'interno di una teglia protetta da carta forno, salate, pepate, cospargete con le foglioline di timo e un pò di zucchero di canna e condite con un filo di olio. Cuocete per 25 minuti circa ma fate attenzione che non si asciughino troppo.
  2. Intanto scaldate 4 cucchiai di olio d’oliva in una padella. Metteteci le cipolle e un po’ di sale e pepe e saltate su fiamma vivace per circa un minuto, quindi abbassate e continuate la cottura per 20 minuti, mescolando di tanto in tanto. Le cipolle devono dorare ma non scurire. Aggiungete l'aceto balsamico e mescolate.
  3. Togliete i pomodori dal forno e aumentate la temperatura a 170°.
  4. Per la pastella mettete la farina di ceci, l’acqua, 1 cucchiaio di olio d’oliva, una punta di cucchiaino di sale e un po’ di pepe in una ciotola. Mischiate bene con una frusta fino a quando la pastella sarà omogenea. In una seconda ciotola frullate a neve i bianchi d’uovo e incorporateli nella pastella un poco per volta senza smontarli.
  5. Rivestite una teglia con carta da forno e spennellatela con olio. Prendete una padella antiaderente di 14 cm di diametro, ungetela con olio e mettetela su fiamma alta per un paio di minuti; riducete la fiamma e versateci un quarto della pastella. Nel giro di 2 minuti la superficie si coprirà di bolle. Sollevatela usando una spatola di silicone e voltatela. Cuocete per un altro minuto e poi trasferitela sulla teglia. Ripetete con la pastella rimanente e quando le quattro "crêpes" saranno pronte, infornatele per 5 minuti. Sfornate, distribuitevi le cipolle, i pomodorini confit e infornate di nuovo per qualche minuto. Servite calde.

 

pissaladiere di ceci

 

pissaladiere di ceci

 

pissaladiere di ceci

 

pissaladiere di ceci

 

Credits: Yotam Ottolenghi

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Paneer makhani

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paneer makhani

Agosto 1990. Con mio padre decidiamo di visitare il Nepal. Sette giorni insieme e poi lui tornerà  a casa ed io proseguirò  il viaggio da sola per altri 25 giorni. Estate calda sotto tutti i punti di vista infatti proprio mentre stiamo passeggiando per il popolarissimo quartiere di Kathmandu, Thamel, il 3 agosto, mio padre vede su di un giornale la foto di Saddam Hussein. “Cos’ha combinato ora quel cretino?” mi chiede, dato che l’articolo è in inglese. Il “cretino” ha appena invaso il Kuwait. L’ambasciata ci consiglia di rientrare in patria velocemente per l’alto rischio di chiusura degli spazi aerei ma decidiamo di restare comunque mentre tanti preferiscono ripartire subito. Kathmandu quindi si spopola e considerando che Il Nepal nel 90 non é ancora così visitato, ci offrirà scorci davvero meravigliosi e relativamente tourist free. La prima cosa che noto sono i bambini. Tantissimi, soli, i più grandicelli con in braccio i più piccoli. Faccine sporche ma sorridenti, abitini laceri, ricuciti con mille toppe, gli occhi grandi e saggi di chi ha già visto troppo. Mi circondano chiedendomi “bum bum” e giocano con dei fili saltandoci sopra a turno e nonostante tutto ridono, ridono tanto. La seconda cosa è lo stridente contrasto tra le zone popolate da nepalesi e quelle popolate da profughi tibetani che abitano principalmente nella valle di Kathmandu. Dove nelle prime c’è chiasso e confusione, nelle seconde regna il silenzio rotto soltanto dai tintinnii delle Ghanta, le campanelline rituali che stanno fuori dai templi e il cui suono è di buon auspicio e serve a scacciare gli spiriti maligni. La terza, lo smog. I palazzi coperti da uno spesso strato nero, il naso che alla sera ne pare interamente rivestito, la pelle sporca come di fuliggine, tanto che quando rimasta sola mi unirò ad un gruppetto di ragazzi e noleggeremo delle moto per raggiungere luoghi altrimenti off limits, saremo costretti a proteggerci naso e bocca dai fazzoletti, a mò di rapinatori di banche del far west. Mi sto rendendo conto che questo sta diventando un post molto, troppo lungo e quindi farò una cosa insolita per me. Qua metterò la ricetta e in seguito pubblicherò un post solo sul Nepal magari anche con qualche foto così non rischierò di annoiare chi vuol leggere solo di cucina. Chi invece fosse interessato potrà trovare nei prossimi giorni il resto della storia. Se poi vi chiedeste il perché del riferimento al Nepal in un post di cucina indiana è semplicemente perché nella settimana “di lusso” con mio padre siamo stati a mangiare all’Everest, ristorante indiano all’interno dell’Hilton. Scegliendo a caso tra i vari piatti, ne ho azzeccato uno a base di pollo veramente eccezionale immerso in un ricco sugo di pomodoro, panna e burro magistralmente speziato che abbiamo mangiato con gusto (io il sugo e mio padre il pollo) tanto che due giorni dopo siamo tornati nello stesso ristorante per mangiarne ancora ma io purtroppo non ricordavo il nome (ovviamente indiano) del piatto. Così il gentilissimo cameriere mi ha  portato a far vedere i piatti dei tavoli accanto finché non siamo riusciti ad individuarlo: era il murg makhani. Murg vuol dire pollo mentre Makhani è una parola indù che significa “con il burro” e viene usata per molti piatti del Punjab. Più tardi ho scoperto che non c’era bisogno di ordinare il pollo e poi buttarlo via per mangiare solo il sugo col naan. Esiste infatti un piatto con lo stesso sugo ma che contiene formaggio al posto del pollo il cui nome è paneer (che è il formaggio) makhani. Per cucinare questo piatto l’ideale sarebbe prepararsi il paneer da soli che non è una cosa per niente difficile. La procedura è la stessa del primo sale ma il paneer andrebbe cagliato con limone o aceto e non dovrebbe essere salato. Poi viene pressato in modo che una volta aggiunto ad una preparazione calda non si fonda. A noi piace molto, ha una consistenza particolare è ottimo grigliato con le spezie, si può congelare e con il siero che avanza si prepara un’ottima ricotta. Se però non aveste voglia di cimentarvi nell’arte casearia, andrà bene anche il primo sale, il tomino fresco oppure l’halloumi che però è molto difficile da reperire. Basterà ridurre il tempo che il formaggio resterà nel sugo caldo per evitare che fonda.

paneer makhani

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Paneer Makhani
Porzioni Tempo di preparazione
4porzioni 10 minuti
Tempo di cottura
20 minuti
Porzioni Tempo di preparazione
4porzioni 10 minuti
Tempo di cottura
20 minuti
Ingredienti
Istruzioni
  1. Solo in caso aveste fatto il paneer in casa, fate bollire dell'acqua in una pentola piccola ed aggiungetevi il paneer tagliato a cubetti. Riportate al bollore e fate cuocere 1 minuto quindi scolate. In questo modo il paneer assorbirà al meglio i sapori.
  2. Mettete una padella antiaderente/wok a fuoco basso ed aggiungete l'olio. Appena sarà caldo unite i semi di cardamomo e la cannella e soffriggete per 20 secondi.
  3. Ora aggiungete l'aglio, il ginger e la cipolla e cuocete a fuoco vivace per 5 minuti o comunque finché la cipolla non si ammorbidirà. Unite il coriandolo, la curcuma ed il peperoncino in polvere
  4. Abbassate il calore e cuocete per un minuto quindi aggiungete il burro, il sale, lo zucchero e la passata di pomodoro e stufate 2 o 3 minuti.
  5. Passate con un mixer o con un frullatore ad immersione quindi unite la panna fresca ed il paneer.
  6. Stufate a fuoco basso per 5 minuti quindi aggiungete il garam masala ed il coriandolo fresco tritato. Mescolate, fate cuocere altri 2,3 minuti e servite.
Recipe Notes

La ricetta è molto molto semplice. Ovviamente quello che è veramente indispensabile sono le spezie, tutte quelle riportate. Sembrerebbe quasi che omettere qualcosa qua e la non fosse importante, in fin dei conti si tratta di dosi minime, 1/ cucchiaino o poco più, ma la cucina indiana è un equilibrio straordinario di sapori che derivano proprio dalla misura esatta delle sue spezie quindi sì, se volete potete anche evitare di mettere il garam masala, potete diminuire la dose dell'aglio, ma così non otterrete mai the real thing. Investite nelle spezie che sono tante ma che hanno comunque un costo irrisorio e vi assicuro che non ve ne pentirete oppure comprate solo quelle base e cominciate con le ricette più semplici. Gli steps sono tanti ma in genere non sono di alcuna difficolta e il risultato vi ripagherà, credetemi.

 

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Una Lung-Ta per il Nepal

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Ho deciso di scrivere ancora del Nepal, un post dove non facesse semplicemente il contorno ad una ricetta ma che raccontasse i miei ricordi di un luogo che non esiste più, almeno come l’ho visto io, a causa del terribile terremoto del 2015 che ha fatto quasi 9.000 morti. Un tributo ad un paese che insieme alla sua gente si è impresso profondamente nel mio cuore e da questo ho tratto il titolo del post. Le Lung-ta infatti sono le piccole bandierine colorate attaccate ai fili che si vedono intorno ai luoghi sacri al Buddismo o ai templi, esposte dove c’è maggior corrente perché il vento le faccia sventolare, permettendo così ai mantra di buon auspicio e compassione  che vi sono scritti, di raggiungere ogni essere vivente. Questo post vuole essere una specie di Lung-Ta per il Nepal, l’augurio che questo paese, il quinto più povero del mondo già prima del terremoto, possa trovare la forza di risollevarsi e di reagire nonostante il fatto che, come sempre succede, il suo dramma sia stato presto dimenticato. La ricostruzione è lenta e difficoltosa, i beni di prima necessità continuano a scarseggiare e gran parte della popolazione è costretta ancora oggi a vivere in rifugi temporanei. Non possiamo fare molto ma perlomeno non dimentichiamoci completamente di loro. Il Nepal è un luogo stupendo ed invito chi ne avesse la possibilità a visitarlo. Farete del bene a voi stessi ed aiuterete la popolazione a riprendersi. Ne hanno veramente bisogno, tanto.

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Agosto 1990. Con mio padre decidiamo di visitare il Nepal. Sette giorni insieme e poi lui tornerà  a casa ed io proseguirò il viaggio da sola per altri 25 giorni. Estate calda sotto tutti i punti di vista infatti proprio mentre stiamo passeggiando per il popolarissimo quartiere di Kathmandu, Thamel, il 3 agosto, mio padre vede su di un giornale la foto di Saddam Hussein. “Cos’ha combinato ora quel cretino?” mi chiede, dato che l’articolo è in inglese. Il “cretino” ha appena invaso il Kuwait, atto che porterà alla guerra del golfo. L’ambasciata ci consiglia di rientrare in patria velocemente per l’alto rischio di chiusura degli spazi aerei ma decidiamo di restare comunque mentre tanti preferiscono ripartire subito. A causa di questo Kathmandu quindi si spopola e considerando che Il Nepal nel 90 non é ancora così visitato, ci offrirà scorci davvero meravigliosi e relativamente tourist free. La prima cosa che noto sono i bambini. Tantissimi, soli, i più grandicelli con in braccio i più piccoli. Faccine sporche ma sorridenti, abitini laceri, ricuciti con mille toppe, gli occhi grandi e saggi di chi ha già visto troppo. Mi circondano chiedendomi “bum bum” e giocano con dei fili saltandoci sopra a turno e nonostante tutto ridono, ridono tanto. La seconda cosa è lo stridente contrasto tra le zone popolate da nepalesi e quelle popolate da profughi tibetani che abitano principalmente nella valle di Kathmandu. Dove nelle prime c’è chiasso e confusione, nelle seconde regna il silenzio rotto soltanto dai tintinnii delle Ghanta, le campanelline rituali che stanno fuori dai templi e il cui suono è di buon auspicio e serve a scacciare gli spiriti maligni. La terza, lo smog. I palazzi coperti da uno spesso strato nero, il naso che alla sera ne pare interamente rivestito, la pelle sporca come di fuliggine, tanto che quando rimasta sola mi unirò ad un gruppetto di ragazzi e noleggeremo delle moto per raggiungere luoghi altrimenti off limits, saremo costretti a proteggerci naso e bocca con fazzoletti, a mò di rapinatori di banche del far west. Un paese dai mille contrasti il Nepal. Monaci buddisti che passeggiano lenti all’ombra degli stupa recitando l’Om e animali che vengono sgozzati in offerta alla dea Kali nel tempio di Dakshinkali tra le urla e il sangue che si riversa nel fiume tingendolo di rosso, panorami mozzafiato di maestose montagne innevate come si vedono solo nel “Signore degli anelli” e credenze altrettanto fiabesche come quella che della Kumari, la dea vivente di Katmandu. La Kumari, termine che significa “vergine”,  viene scelta tra le bambine di 4/5 anni appartenenti alla casta degli orafi e degli argentieri. Il suo corpo deve rispondere a 32 requisiti particolari; tra le bizzarre caratteristiche, deve avere le ciglia come quelle di una mucca, una bella ombra, il corpo come un albero di banano e le guance come quelle di un leone. Per valutare il coraggio e di conseguenza scegliere una bambina fra le tante, le prescelte vengono rinchiuse durante la notte della festa di Dashain in una stanza buia, tra teste di capre e 108 bufali sacrificati in onore della dea Kali insieme ad uomini mascherati da demoni che urlano e fanno rumore per spaventarle. Quella che non piangerà o che comunque mostrerà più coraggio diventerà  la Kumari. Essere Kumari porta ovviamente un grande onore alla famiglia ma la bambina va incontro ad un’infanzia di privazioni. Sarà rinchiusa nel palazzo reale insieme ad uno stuolo di domestici, riceverà le poche e permesse visite dei genitori e non riceverà istruzione in quanto essendo Dea si ritiene abbia in se tutta la conoscenza. Le poche volte che uscirà dalla sua prigione sarà su di una portantina dorata perché non può toccare il suolo con i piedi e sarà libera solo con la prima mestruazione perché a quel punto sarà diventata impura e dunque la dea non potrà più abitare nel suo corpo. Stessa cosa avverrà se perderà sangue accidentalmente. Verrà deposta e le sarà concessa una specie di dote che difficilmente le servirà per un marito perché si dice che sposare una ex kumari porti a morte sicura. Ho letto in seguito di domestici compiacenti che in anni più recenti, per qualche rupia, mostravano la kumari ai turisti, così come si mostrano le scimmiette in gabbia ai bambini negli zoo, ma nel 90 non era così perché le regole erano molto rigide e stabilivano che la Kumari potesse mostrarsi solo in rare occasioni; così quell’estate ho assistito a numerosi quanto inutili appostamenti nel cortile del palazzo reale per intravederla anche solo per un attimo. Ma io, in quella strana estate, Rashmila Shakya l’ho vista. Passeggiavo nel cortile del palazzo reale, da sola, scattando foto ai balconi in legno meravigliosamente intarsiati e d’improvviso nell’obbiettivo c’era lei. Il volto pesantemente truccato, il terzo occhio dipinto sulla fronte, un’acconciatura elaborata ma il volto melanconico era quello di una bambina Era in braccio a qualcuno, nonostante avesse già credo 10 o 11 anni. Mi ha guardato seria, ha alzato appena la mano ed è sparita. Quando penso al Nepal rivedo il suo viso triste ed anche se forse la sua storia è quella che ha avuto un epilogo migliore rispetto a quella delle altre Kumari (dal Nepali Times) ogni tanto il suo ricordo torna a turbarmi.

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Per il periodo trascorso con mio padre abbiamo alloggiato in un hotel di lusso, una specie di reggia che un tempo era stata la residenza del re e che mi ha reso molto difficile “entrare” nell’atmosfera nepalese. Dal diario le mie prime impressioni. -“Mi sveglio alle 16 a causa del jet lag. Fa freddo perché l’aria condizionata non può essere regolata. O spenta o al massimo. Mio padre dormirà sicuramente e quindi decido di uscire. In strada mi riassale quello strano odore dolciastro, come di frutta fermentata e di fogna insieme che avevo sentito appena scesa dall’aereo e del quale avevo letto in tanti libri, solo che qua è più forte, quasi insopportabile. Incomincia a piovere così sono costretta a rifugiarmi in una specie di supermercato. È ben fornito, vendono anche la crema Nivea e le Superga. Il Nepal sta già perdendo un pò del suo fascino ma quando esco il vero Nepal è lì che mi aspetta. Il supermercato è per i turisti. I nepalesi non potrebbero mai permettersi quello che ha in vendita. I loro “negozi” sono ben diversi, sgabuzzini bui con il soffitto basso dove i commessi sono seduti per terra, sullo sporco, ad aspettare i clienti. Non ci sono scaffali, vetrine o insegne e quello che si vende è scritto con la vernice nera sulla parete. La gente mi guarda. Sono l’unica turista nei dintorni e qualcuno mi sorride, le donne soprattutto, che sembrano sconcertate dal colore dei miei capelli e molto probabilmente dalla mia impudicizia (ho dei bermuda anche se piuttosto lunghi). Loro indossano sari colorati, soprattutto rossi, rosa ed arancio ed hanno occhi liquidi e profondi e stupendi capelli nero bluastri, come l’ala di un corvo. Dappertutto ci sono mucche e cani sdraiati tranquillamente in mezzo alla strada ma nessuno pare stupirsene. La gente si limita a scavalcare i cani e ad aggirare le mucche, per l’uccisione delle quali la legge nepalese prevede 10 anni di carcere. Gatti non ce ne sono perché, come ho letto prima di partire, sono animali che portano sfortuna. I cani seguono i banchetti di nozze, i gatti i funerali, recita una filastrocca nepalese, così ne uccidono quanti possono. Da un lato della strada c’è una mucca con una grande ferita su di un fianco. Mi guarda con occhi colmi di dolore e io chiudo velocemente i miei e continuo a camminare. Poco più avanti c’è una cagna che ha messo il suo cucciolo in un cantuccio e sembra fargli da guardia. Il cucciolo è magrissimo e si lamenta forte. Forse avrà fame ma io non ho niente con me, neppure soldi, così mi allontano piangendo e sentendomi completamente inutile. Le persone che mi passano accanto guardano le mie lacrime incuriosite. Vagli a spiegare che piango per una mucca ed un cane che molto probabilmente moriranno, quando loro non hanno cibo da dare ai figli. Mi è venuta una tristezza incredibile. Questo è il mio primo viaggio in un paese del terzo mondo ed è straziante tanta sofferenza e povertà. La tv rende tutto molto più “addomesticato” ma vederlo con i propri occhi è terribile. Continuo a camminare inciampando e passo davanti ad uno stanzino ancora più piccolo e buio dei precedenti. Dentro c’è un omino magro, seduto per terra e ai suoi piedi, sul pavimento di terra battuta, c’è un grosso pezzo di carne sanguinolenta interamente ricoperta di mosche. È un macellaio ma quell’unico pezzo di carne è tutto quello che il suo misero negozio ha da offrire. La stanchezza, ora però mista a depressione, torna a farsi sentire quindi decido di tornare indietro. Si sta facendo buio e non conosco la zona. Questa volta percorro la strada sull’altro lato. Qua la maggior parte dei negozi vende articoli come saponi, stracci, stecchi legati insieme che immagino siano le loro scope e strane ed antiquate figurine di uomini e donne riccamente abbigliati che probabilmente sono gli attori o i cantanti nepalesi più amati. Proseguo scansando le mucche ed infine raggiungo il mio albergo. Mi faccio una doccia e scendo al ristorante perché domani dobbiamo svegliarci presto ed ho bisogno di dormire, ed è con una sensazione di grande irrealtà che mi siedo nella grande sala dorata e guardo i camerieri servirmi brioches salate e burro..”-

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Nonostante il suo ostinato tentativo di farmi cambiare idea, appena mio padre è partito mi sono immediatamente trasferita in una guest house per backpackers che costava un decimo, il Rara. Essendo sola, che è la condizione che preferisco per viaggiare, a volte mi sono unita ad altri viaggiatori ma soprattutto questo mi ha permesso di entrare in contatto con la gente del luogo e questo è ciò che ricordo con maggior piacere, più dei paesaggi e dei templi pur bellissimi. Dal diario:

15 agosto

-“Stamani alle 8 sono venute a pulirmi la stanza due ragazze nuove che sono sorelle e nonostante parlassero poche parole di inglese, dopo 10 minuti eravamo tutte e tre sedute sul letto a fumare e a ridere come delle matte. I loro nomi sono Tina e Sorsutì. Sorsutì è la più maggiore, ha 25 anni ed è vedova, quindi non avrà mai più un marito perché in Nepal le vedove portano sfortuna. Questo vuole anche dire che il sostentamento della famiglia spetta esclusivamente a lei ed è evidente dall’aspetto che le due non se la cavino affatto bene. Ero così triste per loro che ho regalato loro tonno, marmellata, biscotti, un pacchetto di sigarette, un fermacapelli di brillantini e una bottiglietta di cognac che mio padre aveva preso in aereo. Quello che non mangiano o bevono potranno comunque scambiarlo con beni di altro genere. Erano così felici che per ringraziamento mi hanno acconciato i capelli nepali style.
22 agosto
Stamattina Tina e Sorsutì mi hanno portato in dono 12 braccialetti di metallo che una volta messi non sono più riuscita a togliere e un sacchetto con 4 tika a goccia (sono le decorazioni che si portano in mezzo alla fronte); hanno anche voluto farmi un’altra pettinatura nepalese, questa volta con 2 trecce. Gli ho insegnato alcune parole in inglese e in italiano e loro invece alcune parole nepalesi che mi saranno molto utili come “Maddat garnu malaai jadoo maakuraa” che vuol dire “Aiuto, ho paura dei ragni”.
A metà mattina Tina ha tirato fuori un coltellone ed un frutto che non conoscevo, lo ha lavato, sbucciato e tagliato a spicchi. Era buonissimo, una specie di pera non granulosa e leggermente acidula. Mi hanno accomodato la radio (non c’ero mai riuscita da quando mi sono trasferita qua) e poi hanno ballato per me. Infine, tra molte esitazioni, mi hanno invitata ad andare a dormire da loro, domani, quando finiscono di lavorare e io ho risposto che sarà per me un grande onore.
23 agosto Teej Brata
Oggi inizia il Teej Brata, una festa rigorosamente femminile. Le donne sposate indossano i loro sari più belli, quelli rossi e oro del matrimonio e pregano Shiva e la moglie Parvati per la salute del consorte e per una felice vita coniugale. La festa dura tre giorni, si fanno bagni rituali nel fiume sacro Bagmati, a Pashupatinath e si banchetta il primo giorno e si digiuna gli altri due. Fa caldissimo, ho avuto giramenti di testa tutto il giorno ma alle 15 sono venute Tina e Sorsutì a pettinarmi e a truccarmi e non potevo deluderle. Alle 17 siamo uscite separatamente perché è severamente proibito per i dipendenti familiarizzare con gli ospiti della Guest House. Abbiamo preso un tuktuk che hanno voluto ostinatamente pagare e ancor prima di scendere, Sorsutì ha cominciato a scusarsi per la sua casa: “No good. No nice. Sorry” continuava a dirmi ma ho cercato di calmarla dicendole che non mi importava nulla della sua casa ma solo del fatto che erano state gentilissime ad invitarmi. Abitano sulla strada per Pashupatinath e prima di andare a casa mi hanno portato a visitare il fratello. La famiglia era tutta riunita ad aspettarmi perché è un grande onore ospitare uno straniero. C’erano il fratello, la cognata ed il nipotino. La casa era molto molto povera ma pulita, con teli di plastica al posto delle finestre. Mi hanno offerto una specie di aranciata ed abbiamo riso molto perché non parlavano neppure una parola di inglese e quindi non riuscivamo assolutamente a capirci. Mentre più tardi, a piedi, ci dirigevamo alla casa di Sorsutì che era lì vicina, mi hanno tirato tre sassi, uno dei quali mi ha colpito il ginocchio sinistro facendolo sanguinare. Kabhindra, il capo della mia guest house, la prima volta che mi è successo perchè mi è già successo altre volte, mi ha spiegato che io sono, per gli induisti, una Intoccabile; allo stesso tempo però, il mio tipo (capelli biondi e pelle chiara) rappresenta una forte attrattiva per gli uomini che vorrebbero toccarmi ma non possono, altrimenti sarebbero costretti a bere pipì di mucca per purificarsi, quindi si “sfogano” con i sassi. Che fortuna.. La loro casa è, se possibile, ancora più povera. I bambini di Sorsutì, un maschio ed una femmina, sono molto carini e mi guardano con gli occhi spalancati. Nella casa c’è un solo letto, in realtà nient’altro che un rialzo di legno con sopra delle stoffe, dove dormono Sorsutì e la figlia mentre Moes, il figlio, dorme per terra. Tina invece vive col fratello. Sopra alla stanza c’è la cucina, un bugigattolo buio con un calderone e un grande buco nel tetto di legno per far uscire il fumo. I bambini hanno ballato e cantato per me e poi Sorsutì si è messa a cucinare un piatto di patate speziate, quindi ci siamo seduti per terra, nella camera, a mangiare. Oltre al pensiero del cibo avevo quello dell’acqua. Era contenuta in un secchio ma non potevo certo offenderle rifiutandomi di bere. Sul letto c’era una zanzariera mentre le finestre erano semplici buchi nella parete. Io mi sono affacciata ed eccomi un’altra sassata, questa volta sulla fronte. Tina e Sorsutì si sono scusate ed affacciandosi dal buco hanno urlato qualcosa ma io comunque non mi ci sono più avvicinata. La serata è proseguita tra poche chiacchiere e tante risate. Quando è calato il buio Sorsutì ha acceso le candele e notando solo allora che non c’era l’elettricità, ho anche notato che le stanze erano solo due e che il bagno mancava. Ovviamente al pensiero è seguita istantaneamente l’esigenza di usarlo, quel bagno che non c’era e dopo essere riuscita a spiegarlo a Sorsutì e dopo almeno 5 minuti di risate sue e di Tina, mi hanno fatto scendere in strada, mi hanno portata sul retro ed hanno usato due sari per improvvisare una specie di tenda che potesse garantirmi un minimo di privacy. Salutata Tina che è tornata dal fratello, siamo rientrate in casa ma quando mi sono accorta che mi stavano preparando il rialzo di legno mi sono rifiutata e mi sono sdraiata sul giaciglio di Moes. Per terra era duro ma io l’indomani avrei potuto dormire mentre per Sorsutì sarebbe stata un’altra giornata di lavoro quindi ne aveva più diritto di me. Prima di addormentarmi ho girato la testa verso la “finestra” e l’ultima cosa che ho visto è stata la luna, piena e straordinariamente luminosa nel buio totale.”-

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Sorsutì

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Tina, Sorsutì, la cognata ed il fratello

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Un ultimo stralcio dal diario, per ricordare attraverso di lei tutti i bambini del Nepal:

7 agosto

-“Oggi siamo andati a vedere un templietto buddista in cima ad una collina. Pioveva a dirotto e dentro le mura ma comunque all’aperto, c’erano una giovane donna, un gobbo ed un vecchietto. La donna aveva un fagotto tra le braccia e solo dopo un pò che la guardavo ho visto spuntare un visetto tra gli stracci. Era un bambino di poche settimane, bagnato fradicio nonostante la donna cercasse di ripararlo. Appena gli altri due si sono allontanati, mio padre le ha dato dei soldi. Subito dopo l’ingresso alle mura c’era una specie di canonica dove lei evidentemente non poteva entrare. Era un posto bellissimo, tutto decorato in blu e  i monaci stavano cantando. L’atmosfera elra molto suggestiva e si respirava una tale pace che ho deciso di chiedere se potevo fermarmi. Il monaco responsabile mi ha detto che ci sono delle stanze comuni dove i viandanti possono restare, ma sono solo per uomini. Pareva scioccato dalla proposta ma mi ha comunque detto che apprezzava il fatto che, parole sue, “proprio nel suo monastero la mia anima avesse scelto di manifestare la necessità di chiudersi in se stessa come i petali del fiore e meditare”. Usciti dal monastero ci siamo accorti che il vecchino ci aveva seguiti così gli abbiamo regalato una sigaretta e lui con una bocchina tutta sdentata ci ha ringraziato con il namaste e se ne è andato tutto contento. Prima di tornare in albergo ci siamo fermati vicino ad un ponte di quelli sospesi tipo Indiana Jones e lì c’era una bambina stupenda che invece di chiedermi soldi, indicava l’elastico argentato che mi tratteneva i capelli. Io le ho fatto capire a gesti che non potevo perché era troppo caldo per portare i capelli sciolti ma lei non si è indispettita ed ha continuato a sorridermi. Le ho fatto delle foto e poi le ho chiesto come si chiamava. “Mana”, mi ha risposto, “Mana Nepal”. Il ragazzo che era con noi allora mi ha spiegato che il suo nome era Mana che in nepalese vuol dire cuore. Col cognome però si identifica la casta quindi Mana, per evitare l’umiliazione di rivelare la sua che evidentemente era la più bassa, ha preferito inventarsi un cognome ed ha scelto la prima cosa che le è venuta in mente, la sua nazione. La cosa mi ha fatto stare così male che mi sono slegata i capelli e le ho messo l’elastico in mano. Lei è rimasta a guardarmi con gli occhioni sgranati perché non poteva credere che glielo regalassi veramente e continuava a guardarmi come se temesse che cambiassi idea, allora io le ho raccolto i capelli con l’elastico argentato e lei finalmente si è permessa di sorridere. L’ho salutata ma lei ci ha seguiti e quando siamo saliti sul pulmino e ci siamo allontanati ho continuato a guardarla fissa dal vetro posteriore. La sua figurina è pian piano rimpicciolita ma nell’ultima immagine che sono riuscita a cogliere, lei era sempre li che ci guardava, immobile, con la manina alzata”-

Non oso chiedermi dove sia Mana ora, se stia bene o se invece sia una dei 9000 scomparsi  nel terremoto. Non so nulla di Tina, Sorsutì, la sua famiglia, il fratello. Niente di Kabhindra. Posso solo sperare che siano sopravvissuti e posso ricordarli attraverso queste righe affinchè qualcun altro conosca le loro storie, i loro volti. Volti di chi, in una vita di privazioni, ha avuto la forza di sorridere sempre, nonostante tutto.

Che la mia Lung-Ta sventoli sempre forte per tutti loro ❤️

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Babka al cioccolato e noci

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babka al cioccolato

Dopo aver dovuto rinunciare allo scorso Re-Cake per cause di forza maggiore, questo mese mi ero ripromessa di organizzarmi meglio ed infatti le mie babke (si può dire?) per il Re-Cake #18 sono state dovutamente fotografate (ad essere onesta una è stata divorata in breve e l’altra sono riuscita a fotografarla solo nascondendola). Senza incorrere negli strali di una nazionalità o un’altra, riporto quello che ho trovato qua. Pare che babka significhi Nonnetta in ucraino, in russo e in Yiddish (quello parlato in Europa dell’est) e pare anche che inizialmente le nonnine intrecciassero gli avanzi di challah guarnendoli con semi e frutta secca e non è stato fino a quando gli ebrei dell’est Europa sono arrivati a New York, dove il cioccolato era a buon prezzo, che questo è stato usato per arricchire l’impasto dei (o delle?) babka. In ogni caso questa ricetta in particolare è dello straordinario Yotam Ottolenghi e nello specifico è riportata nel suo libro Jerusalem anche se lui la chiama Kranz. Con queste dosi ne vengono due ma date retta a me, non dimezzate perché lo rimpiangereste. Una bella babka congelata a fette e riscaldata nel microonde al mattino sarà una colazione degna di un re.

babka al cioccolato

babka al cioccolato

 

Babka al cioccolato e noci
Porzioni Tempo di preparazione
10 30minuti
Tempo di cottura Tempo Passivo
40 minuti 15ore
Porzioni Tempo di preparazione
10 30minuti
Tempo di cottura Tempo Passivo
40 minuti 15ore
Ingredienti
Per l'impasto:
Per il ripieno:
Per la finitura:
Istruzioni
  1. Portate il burro a temperatura ambiente. Mettete nell'impastatrice farina, lo zucchero, le uova e poi il lievito disciolto in acqua. Incominciate ad impastare inizialmente con la spatola K fino a che l'impasto non comincia a stare insieme. Mettete il gancio ed iniziare ad aggiungere il burro un pezzetto per volta aspettando che sia incorporato bene prima di aggiungerne altro. Impastare per una decina di minuti a velocità media, fino a quando l'impasto non incomincerà a staccarsi dalle pareti della vasca dell'impastatrice. Coprite con pellicola e fate riposare 1h e 30 all'interno del forno con la cucina accesa e poi almeno due ore in frigo oppure tutta la notte (questo vi permetterà di usare meno lievito).
  2. Preparate il ripieno facendo sciogliere il burro insieme al cioccolato nel microonde a media potenza per non bruciare il cioccolato. Aggiungete lo zucchero a velo ed il cacao. Mescolate bene e fate raffreddare. Tritate le noci grossolanamente.
  3. Prendete l'impasto direttamente dal frigo, dividetelo a metà e fatene due rettangoli di circa 30X40 cm. Spalmate su uno dei due rettangoli la metà della crema di cioccolato e distribuitevi la metà delle noci ed un cucchiaio di zucchero semolato. Ripetete con l'altro rettangolo. Arrotolate ogni rettangolo per la lunghezza quindi tagliate i rotoli ottenuti a metà sempre nel senso della lunghezza. Intrecciate avendo cura di mantenere la parte col cioccolato rivolta sempre verso l'alto. Mettete le due trecce ottenute in due teglie da plumcake rivestite di carta forno e fate lievitare per 1 ora circa o comunque fino al raddoppio. Cuocete in forno preriscaldato a 190° (io 180°) per 30-40 minuti.
  4. Preparate lo sciroppo scaldando leggermente il miele insieme all'acqua di rose e l'acqua e spennellatevi le trecce appena sfornate.
Recipe Notes

Nel complesso la ricetta mi è piaciuta molto. La prima treccia è sparita in 3 ore circa e devo dire che calda dà veramente il suo meglio. La seconda la dovevo fotografare e non avendo tempo è rimasta ferma per due giorni. Ovviamente a quel punto aveva perso un pò di morbidezza ma l'ho comunque congelata a fette e passata nel microonde fa comunque la sua figura. In quanto alle modifiche, la prossima volta (perché una prossima volta ci sarà di certo) sostituirò le noci con le nocciole e ometterò l'acqua di fiori d'arancio perché rende il tutto un pò troppo profumato, per i nostri gusti. Ricetta promossa a pieni voti, come sempre quando si tratta di Re-cake del resto.

p.s. Le strisce nere sopra la babka non sono bruciate ma bensì una golosissima crosticina cioccolatosa 😊

 

babka al cioccolato

babka al cioccolato

Con questa ricetta partecipo al Re-Cake #18. Questa la pagina Facebook

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Bocconcini di quinoa, scamorza e pomodori secchi

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bocconcini di quinoa

A me la quinoa piace. Tanto. E non mi piace perché si può far risalire il suo uso fino a 4000 anni fa, oppure perché è stata dichiarata degli Stati Uniti un super food tanto che è stata messa nella lista degli alimenti di cui si compone il menù spaziale e nemmeno per i suoi flavonoidi e fitonutrienti antinfiammatori. A me piace perché è  buona, buona di sapore intendo. Te ne cuoci un po’ ad inizio settimana e te la metti in frigo e poi la utilizzi come e quando vuoi, in aggiunta ai minestroni o alle vellutate al posto di pasta o riso, nell’insalata, insieme alle verdure al posto del couscous, nelle polpette, nei curry come in questa mia vecchia ricetta, negli sformati, nel ripieno delle zucchine, nei crackers, come sostituzione del riso nei risotti, nel muesli e mi fermo qua certo non perché le idee siano finite ma per non annoiarvi. Anche la cottura può variare: lessa, al vapore, cotta in padella finché non diventa croccante come in quest’altra mia ricetta, ridotta in farina per i dolci. Certo, che poi faccia anche bene non può che farmi piacere ma non è il motivo per cui la porto in tavola. Questi bocconcini sono buoni, prima che sani. Se ne vanno via uno dopo l’altro che è una bellezza e la ricetta è solo come spunto perché si possono variare le verdure, il tipo di formaggio, le erbe aromatiche.. Che altro dire? Date una chance alla quinoa. Ne vale la pena 😊

bocconcini di quinoa

bocconcini di quinoa

Bocconcini di quinoa, scamorza e pomodori secchi
Porzioni4 persone
Tempo di preparazione15 minuti
Tempo di cottura20 minuti
Ingredienti
Istruzioni
  1. Preriscaldate il forno a 200°. Lavate accuratamente la quinoa risciacquandola più e più volte sotto acqua fredda per togliere la saponina, una sostanza che altrimenti le conferirebbe un sapore amaro. Cuocete la quinoa in abbondante acqua bollente salata per 20 minuti circa e poi mettetela in un ciotolino. Nel frattempo tagliate grossolanamente la scamorza, i pomodori secchi ed i cipollotti che avrete provveduto a lavare. In una ciotola media sbattete appena l'uovo quindi aggiungete la farina, la scamorza, i pomodori secchi, i cipollotti e la quinoa cotta e mescolate quanto basta perché il composto stia insieme. Se volete, risparmierete tempo facendo tutto in un mixer ma in questo caso aggiungete all’ultimo i pomodori secchi altrimenti diventerebbero un purè 😊 Salate poco perché gli ingredienti sono già saporiti, pepate ed aggiungete il peperoncino in polvere, se lo gradite. Ungete leggermente degli stampini da muffin e mettete in ognuno un bel cucchiaio di impasto. Cuocete per 15 minuti e servite caldi.
Recipe Notes

Da freddi tendono ad indurirsi per la presenza della farina. Se aveste necessità di aspettare, prima di servirli passateli nel microonde alla massima potenza per 30,40 sec. Torneranno come appena sfornati.

Potete renderli vegan sostituendo all'uovo un pò di latte e di olio (più o meno 25 g di latte e 25 di olio)  ed aggiungendo tofu o altre verdure al posto del formaggio e potete ovviamente variare i sapori giocando con le verdure e le erbe aromatiche. Saranno comunque ottimi.

bocconcini di quinoa

bocconcini di quinoa

 


Grissini di semola alla confettura di cipolla

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grissini di semola con confettura di cipolle

Io e la Sandrina ci siamo conosciute nel 2014, quando le inviai una ricetta per Panissimo come food lover e lei non solo mi consigliò di aprire un blog ma ne fu l’autrice materiale perché io non avrei saputo da dove cominciare. Ma la Sandra è così, una persona davvero speciale anche se lei direbbe di no, che non è vero. È buona di cuore e nonostante la vita non le abbia sempre sorriso, continua ad aiutare gli altri; è talentuosa infatti ha pubblicato un bellissimo libro, La Toscana di Ruffino,  scatta foto che sembrano quadri di Caravaggio e scrive così bene che alla fine di ogni suo post verrebbe da chiederle “a quando il secondo capitolo” perché si resta con la voglia. Non la vedo spesso come vorrei ma grazie ai social riusciamo a non perderci del tutto e poi quando preparo un lievitato lo porto da lei che, insieme alla Barbara è la mamma di Panissimo, la rubrica mensile di lievitati che me l’ha fatta conoscere. Ultimamente l’azienda toscana Pure Stagioni ha deciso di collaborare proprio con Panissimo e da questa collaborazione è nata una sfida tra food blogger. Ognuno dei 14 partecipanti avrebbe dovuto ideare una ricetta di un lievitato adoperando un prodotto della Pure Stagioni e sono stata molto orgogliosa quando la scelta della Sandrina è ricaduta anche su di me. La Pure Stagioni è un’azienda fiorentina che produce confetture naturali al 100%, prodotte su ricetta esclusiva con l’uso di zucchero e materie prime selezionate di persona. Ogni stagione ha le sue caratteristiche, che si rispecchiano nel prodotto in maniera unica, infatti su ogni confezione è specificato l’anno del raccolto ed essendo le stesse di metallo chiuse a pressione e non a vite, per aprirle la Pure Stagioni fornisce una monetina fior di conio dello stesso anno del raccolto che si trova sull’esterno della confezione. Io avevo a disposizione la confettura di cipolle di Certaldo, quella di limoni e quella di fichi ma la ricetta che mi è venuta subito in mente è stata una ricetta salata: ho infatti pensato di realizzare dei grissini di semola di grano duro ripieni di confettura di cipolle. Il risultato mi ha ha assolutamente soddisfatta perché la confettura è a dir poco straordinaria e si sposa a meraviglia con il sapore della semola. Il contrasto del croccante del grissino all’esterno e il cuore morbido del ripieno alla cipolla mi ha subito conquistata ma quando ne ho intinto uno nel gorgonzola è diventato amore a vita. Fa piacere quando si riescono a valorizzare le innumerevoli eccellenze delle nostre produzioni e il lavoro svolto da Pure Stagioni è davvero eccellente. Mi sto già informando sulla distribuzione perché ho adocchiato anche una confettura di peperoncini..

grissini di semola con confettura di cipolle

grissini di semola con confettura di cipolle

grissini di semola alla confettura di cipolla
I lievitati prodotti utilizzando farina di semola hanno un profumo ed un sapore straordinari ma il problema con questo tipo di farina è lo sviluppo della maglia glutinica, in parole molto semplici quella specie di reticolo che impedisce al gas prodotto dai lieviti di uscire dall'impasto e disperdersi nell'ambiente, spingendolo invece a sollevarsi al suo interno cioè in pratica a far lievitare l'impasto. Per permettere lo sviluppo della maglia glutinica la semola va opportunamente trattata: per prima cosa va idratata e successivamente va lavorata ma se si usa un'impastatrice bisogna fare molta attenzione a non scaldare troppo l'impasto che altrimenti perderebbe completamente struttura. Il trucco è proprio pre-idratare (idrolisi, dal greco Hydro = acqua e lysis = sciogliere) a lungo la semola in modo che poi il processo di formazione della maglia glutinica sarà abbreviato e di conseguenza non si avrà la necessità di lavorare a lungo l'impasto. Per questa ricetta non volevo aspettare così a lungo quindi ho messo ad idratare la semola e contemporaneamente ho preparato un poolish (pre-impasto preparato con lievito e stessa dose di farina ed acqua) e poi ho mischiato i due. I tempi si sono notevolmente accorciati ed il risultato è stato perfetto. Certo, quando faccio il pane aspetto i tempi canonici ma per i grissini il sistema funziona più che bene.
Porzioni4 teglie medie
Tempo di preparazione5 ore
Tempo di cottura40 minuti
Tempo Passivo4 ore
Ingredienti
Poolish:
Istruzioni
Poolish e idrolisi semola
  1. In una ciotola media sciogliete il lievito nell'acqua quindi aggiungete la farina e mescolate brevemente. Coprite con pellicola alimentare e mettete all'interno del forno con la cucina accesa. Nella ciotola della planetaria mettete sia la semola che l'acqua, mescolate con la frusta K e poi coprite con un piatto e fate riposare.
Impasto finale:
  1. Il poolish sarà pronto in circa due ore ma ovviamente dipende molto dalla temperatura che avete a casa ma si noterà comunque perché si affosserà al centro. Aggiungete il poolish alla semola pre-idratata insieme al miele e all'acqua (non mettetela tutta perché come per il discorso dei tempi di lievitazione, l'assorbimento dipende dal tipo di farina, dall'umidità e da tanti fattori difficilmente quantificabili). Impastate a vel. 1 utilizzando la frusta K solo il tempo necessario a formare l'impasto quindi sostituitela con il gancio ed aggiungete il sale. Impastate fino a quando l'impasto non comincerà a risalire sul gancio, circa 10 minuti, avendo cura di controllare che l'impasto non si scaldi troppo. Un metodo sicuro c'è ed è tanto semplice quanto fondamentale. C'è chi la chiama la regola del 53, chi del 55 ma cambia poco. Si devono misurare la temperatura della stanza e quella della farina perciò è fondamentale un termometro. Facendo l'esempio di casa mia: Temperatura della stanza + temperatura della farina: 20°C + 21°C = 41°C A questo punto si sottrae la somma ottenuta dalla temperatura base di 53/55°C : 53°C – 41°C = 12°C La vostra acqua dovrà quindi avere la temperatura di 12°C
  2. Trasferite l'impasto in una ciotola, coprite con pellicola oppure con un'altra ciotola e mettete nel forno con la lucina accesa.
  3. Fate lievitare per 2 ore circa o comunque fino al raddoppio.
  4. Dividete l'impasto in due parti e usando il matterello stendetele in due rettangoli.
  5. Spalmate uno dei rettangoli con la confettura di cipolle e coprite con l'altro rettangolo.
  6. Usando una rotella per pizza oppure un coltello molto affilato tagliate delle strisce di 1 cm di larghezza e poi arrotolatele su se stesse facendo attenzione a non stringere troppo altrimenti la confettura fuoriuscirebbe.
  7. Posizionate i grissini così ottenuti su teglie foderate di carta forno, spruzzateli oppure pennellateli di olio buono e spolverizzate di sale grosso.
  8. Cuocete in forno preriscaldato a 200° per 10-15 minuti. Anche qua vale la stessa cosa del tempo di lievitazione perché ognuno conosce il proprio forno ed ogni forno è diverso dagli altri. Una cosa però la posso dire: io la prima infornata l'ho cotta per 15 minuti e anche se apparentemente i grissini erano perfetti, una volta freddati sono diventati un pò troppo duri. Noi abbiamo preferito la cottura di 10 minuti perché ci piace poter affondare i denti nel grissino e anche perché altrimenti la confettura si asciuga troppo ma come sempre, de gustibus 😊
Recipe Notes

Come la mia cara amica Emmettì insegna, i grissini si conservano in un sacchetto di carta come quelli per il pane a sua volta conservato all'interno di una busta di nylon spessa.

grissini di semola con confettura di cipolle

grissini di semola con confettura di cipolle

grissini di semola con confettura di cipolle

grissini di semola con confettura di cipolle

Naturalmente porto questa ricetta a Panissimo#45, la raccolta mensile di lievitati ideata da Sandra di Sono io, Sandra e da Barbara di Bread & Companatico ospitata questo mese da Sono io, Sandra con Pure Stagioni.

Pure Stagioni su facebook  e #Purestagioni su Instagram 

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Jaffa cakes

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jaffa-cakes

L’adolescente si è fatto male. Di nuovo. Di nuovo le urla, l’osso che spunta dove non dovrebbe stare, la corsa in ospedale, di nuovo l’ansia, la disperazione di vederlo soffrire senza poter fare nulla, di nuovo la difficoltà di gestire tutore e stampelle abitando su tre piani. Questa volta è andata anche peggio dello scorso anno perché si è strappato i legamenti e molto probabilmente necessiterà di un intervento e allora addio spettacolo teatrale al quale aveva tanto lavorato, addio alle prove del coro, alle lezioni di piano, all’addobbo dell’albero, ai preparativi del Natale, insomma a tutto quello che rende questo periodo così speciale. Per quel che mi riguarda, niente tempo da dedicare alle ricette natalizie, alle foto, al blog, anche se ovviamente tutto scende in secondo piano davanti ad una cosa del genere. I jaffa cakes per il Re-cake 2.0 erano già stati preparati in parte ma come fare a trovare il tempo per le foto e poi tutto quello che serve per pubblicare? Naturalmente non ce l’ho fatta e a chiudere il cerchio, con gli sforzi che ho fatto per aiutare l’adolescente quando non poteva proprio muoversi a spostarsi dal divano al letto e nel bagno, ho sforzato molto la schiena e mi sono procurata uno strappo quindi la situazione è per quanto incredibile, anche peggiorata. Visto però che una qualche parvenza di normalità la dobbiamo pur trovare, anche se ampiamente fuori tempo massimo i jaffa cakes li pubblico lo stesso e del resto eran tanto buoni che meritano davvero un post. Potrebbero essere un ottimo regalino per amici e parenti, impacchettati in carta trasparente con fiocchi colorati e un bel bigliettino fatto a mano, insomma, tutto quello che avrei voluto fare io se non mi fossi ritrovata in mezzo a questo pasticcio, quindi anche se siete stanche, di corsa, sempre all’ultimo minuto, apprezzate ogni momento del vostro correre perché ferme è anche peggio!

jaffa-cakes

 

jaffa-cakes

 

Jaffa cakes
Porzioni10 cakes
Tempo di preparazione20 minuti
Tempo di cottura8 minuti
Ingredienti
Per il Pan di Spagna:
Per il ripieno:
Per la copertura:
Istruzioni
Per il ripieno:
  1. In una casseruola mettete lo zucchero e il succo di arancia e portate quasi a ebollizione. Quando lo zucchero si sarà sciolto, aggiungete la gelatina (precedentemente ammollata e strizzata) e mescolate. Non fate bollire il composto. Rivestite uno stampo da muffin con della carta forno, quindi versate in ogni cavità un cucchiaio del composto di arancia. Fate raffreddare per 1-2 ore, finché non è sodo.
Per il Pan di Spagna:
  1. Preriscaldate il forno a 180°C. Mettete le uova e lo zucchero in una ciotola capiente e ponetela su un bagnomaria. Montate il composto con le fruste elettriche finché non è ben gonfio e spumoso - saranno necessari 4-5 minuti. Rimuovete la ciotola dal bagnomaria, aggiungete la vaniglia e incorporate la farina setacciata inserendola a piccole dosi. Imburrate lo stampo stesso e suddividete l’impasto del pan di Spagna nelle cavità (circa 1 cucchiaio in ognuna). Cuocete per 8-10 minuti o finché uno stuzzicadenti non esce pulito. Fate raffreddare le tortine per 5 minuti nello stampo, quindi rimuovetele e adagiatele su una griglia per farle raffreddare completamente.
Montaggio delle gelatine:
  1. Rimuovete le gelatine dallo stampo senza staccarle dalla carta forno. Quando le tortine saranno fredde, staccate delicatamente le gelatine. Se volete che le gelatine siano leggermente più piccole delle tortine, potete copparle prima di rimuoverle. Se desiderate potete spalmare un poco di marmellata sui jaffa prima di posizionare le gelatine. Ci sta proprio bene. Adagiate le gelatine sui dischi di pan di Spagna.
Copertura:
  1. Sciogliete il cioccolato al microonde finché non è ben liscio e omogeneo, mescolando a intervalli di 10-20 secondi. Se non avete un microonde, potete scioglierlo a bagnomaria. Lasciate raffreddare leggermente, quindi, con un cucchiaio, versate il cioccolato sulle gelatine, facendolo arrivare fino ai bordi delle tortine. Decorate come preferite la superficie utilizzando una forchetta Se volete potete creare un decoro utilizzando una forchetta. Lasciate riposare e rapprendere il cioccolato prima di servire le Jaffa cake.

 

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Con questa ricetta partecipo, fuori tempo massimo, al Re-cake #19 e questa è la pagina Facebook.

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I cavallucci di Siena

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i cavallucci

E anche quest’anno siamo arrivati al Natale. Mi sembra quasi che ci sia stata un’accelerazione nelle ultime due settimane, come se qualcuno avesse azionato il turbo e io invece fossi rimasta in prima o ancora peggio, in folle. Comunque ormai quel che fatto è fatto, i post programmati e che non hanno visto la luce, i regali che ho dimenticato di comprare, l’albero lasciato senza i fili dorati, le decorazioni della casa nemmeno iniziate. Il prossimo anno spero solo che non ci saranno situazioni di emergenza come in questo dicembre ma la sera della vigilia, se pur con qualche decorazione e luce in meno, ci sederemo ancora tutti insieme, stringendoci per farci forza a vicenda e alla fine, questa è l’unica cosa che conta.

                                                                                                                                                                                          Buon Natale ❤️

i cavallucci

I cavallucci di Siena
I cavallucci sono uno dei dolci che non manca mai sulla tavola di Natale toscana. Poveri come tutti i nostri piatti eppure meravigliosamente equilibrati nel sapore fanno riflettere su cosa siamo riusciti a creare in cucina disponendo di quei pochi ingredienti.
Porzioni30 cavallucci
Tempo di preparazione30 minuti
Tempo di cottura15 minuti
Istruzioni
  1. Mettete al fuoco l'acqua con lo zucchero semolato, possibilmente in un pentolino d'acciaio. Mentre lo sciroppo arriva a temperatura rompete grossolanamente le noci e tagliate a quadratini i canditi. Preparate le spezie, l'ammoniaca in polvere, il sale, l'anice, il coriandolo e mettetele insieme alla farina all'interno della ciotola dell'impastatrice oppure in una grossa ciotola. Mescolate con la frusta a K oppure con le mani e quando la temperatura dello sciroppo raggiungerà i 115° versatelo al centro della ciotola e mescolate velocemente con la frusta a K o con un cucchiaio di legno. Appena l'impasto si sarà intiepidito impastate con le mani oppure continuate con la K quanto basta per ottenere un composto omogeneo. Formate dei rotoli di 5 cm di larghezza se non vi preoccupa il fatto di mangiare cavallucci così grandi tutti interi oppure fateli di 3 cm se volete limitare i danni. Passate i rotolini nel composto di zucchero a velo e farina e poi tagliateli a fette e dategli una forma tondeggiante. Premete il pollice proprio al centro abbastanza da lasciare un incavo e metteteli su di una teglia foderata con carta forno. Cuoceteli in forno preriscaldato a 130° per 15 minuti circa ma ovviamente dipenderà dalla dimensione dei vostri cavallucci. Attenzione perché appena estratti dal forno sembreranno molto morbidi ma raffreddando induriranno quindi non fateli cuocere troppo altrimenti non riuscirete più a mangiarli. Si conservano in scatole di latta oppure sacchettini di plastica per alimenti ma non dureranno abbastanza per doversi preoccupare troppo di quale sia il metodo di conservazione migliore.
Recipe Notes

Fondamentali per la riuscita della ricetta due cose: un termometro digitale e la velocità perché una volta che il composto si sarà raffreddato diventerà molto difficile dare la forma ai cavallucci.

La ricetta è della bravissima Patrizia del blog Andante con gusto

i cavallucci

i cavallucci

 

Treccia svedese alle mele

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treccia alle mele

E anche questo 2017 inizia esattamente come è finito il 2016 e cioè con la rotula di nuovo fuori posto, le stampelle, le corse su e giù per le scale tante, troppe volte al giorno per le mie ginocchia già tanto usurate. L’adolescente anche questa volta è riuscito a stupirmi perché questi adolescenti sono così: ad osservarli, perennemente con il cellulare, diventato ormai naturale estensione della mano e lo sguardo svagato perso in un mondo che noi adulti nemmeno riusciamo ad immaginare,  ti verrebbe da chiederti come faranno ad affrontare tutto quello che la loro generazione purtroppo si troverà davanti. E invece sentono e vedono tutto, con una sensibilità che quasi spaventa. E sono intelligenti, i nostri ragazzi e forti, anche se ancora non lo sanno;  così l’adolescente, quando la rotula gli é uscita di nuovo, ha fatto quello che aveva visto fare all’ortopedico al pronto soccorso nemmeno un mese fa: ha stretto i denti, chiuso gli occhi e ha dato un colpo all’osso rimettendolo in sede. È riuscito, in un contesto come quello di una palestra, con un cerchio di ragazzi intorno che lo guardavano spaventati e l’insegnante che non sapeva cosa fare, a ragionare e a valutare con freddezza che cosa avrebbe comportato aspettare che l’osso fosse rimesso a posto al pronto soccorso. E ha fatto la scelta giusta, con un coraggio che io non avrei mai avuto, né alla sua età né oggi che sono un’adulta. Ora siamo in attesa di sapere quando sarà possibile operarlo, abbiamo nuovamente diminuito gli impegni soprattutto se tra questi e l’adolescente ci sono troppi scalini di mezzo e passiamo il nostro tempo tra libri di greco e di latino, antinfiammatori e ghiaccio. E così le merende diventano occasioni per viziarlo un poco e il Re-cake di questo mese ha assolto magnificamente questo compito. Io non amo né mele né cannella che invece l’adolescente adora e così una treccia l’ho riempita da istruzioni e l’altra me la sono farcita con crema alla vaniglia. Tutte e due le versioni hanno superato ogni aspettativa, soprattutto se si considera che sono realizzate con impasto diretto e lievitazione relativamente breve anche diminuendo il quantitativo di lievito. Un’altra proposta di Re-cake da mettere tra le ricette preferite.

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Treccia svedese alle mele
Porzioni2 trecce
Ingredienti
Per la farcia alle mele:
Per l'impasto:
Istruzioni
Farcia alle mele:
  1. In una terrina mescolate gli spicchi di mela con lo zucchero, il succo di limone, il sale e le spezie. Lasciate riposare a temperatura ambiente per 30 minuti. Scolatele raccogliendo il succo in una casseruola. Unite il burro e cuocete a fuoco medio, facendo bollire per circa 5 minuti ruotando la casseruola ma senza mescolare, fino a creare uno sciroppo. In un’altra terrina mescolate le mele con la maizena, quindi unite lo sciroppo.
Impasto:
  1. Riscaldate la panna acida al microonde fino a renderla tiepida. Aggiungete il burro alla panna acida, in modo che si ammorbidisca. Sciogliete il lievito nell’acqua. Aggiungete la panna acida con il burro, lo zucchero, le uova e 1/3 della farina. Mescolate fino a ottenere un impasto senza grumi. Continuate a impastare incorporando il resto della farina. Trasferite l’impasto su un piano di lavoro ben infarinato e impastate fino a ottenere un panetto liscio (ci vorranno circa 10 minuti). Mettete il panetto in una ciotola unta, coprite e fate lievitare in luogo tiepido fino al raddoppio, per circa un’ora.
  2. Riscaldate il forno a 180 gradi. Riprendete l’impasto e sgonfiatelo. Dividetelo in 2 parti uguali. Stendete ciascuna parte fino a ottenere un rettangolo. Suddividete la farcia alle mele sui 2 rettangoli di pasta, disponendola al centro e lasciando i bordi liberi. Incidete i bordi, quindi prendete le strisce di pasta e richiudetele verso il centro sovrapponendole e racchiudendo il ripieno, cercando di creare una treccia. Trasferite la treccia su una placca imburrata. Cuocete per 15-20 minuti o finché non è dorata. Completate con la glassa e le mandorle tostate. Note: per ottenere la glassa mescolate 1/4 di bicchiere di acqua con 4 cucchiai di zucchero a velo e un goccio di limone. Se non risultasse abbastanza densa aggiungete altro zucchero a velo.

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Con questa ricetta partecipo al Re-cake #19. Questa è la loro pagina Facebook

E porto la mia treccia dalla mia cara amica Elisabetta che questo mese ospita sul suo splendido blog Cakes and Co. , Panissimo #47, la rubrica mensile di lievitati ideata dalla Sandrina di Sono io, Sandra e da Barbara di Bread & Companatico

Cappellacci di patate e porcini con fonduta di taleggio

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Se devo essere onesta in casa mia si è sempre mangiato bene, come probabilmente nella maggior parte delle case italiane. Ho dei ricordi ben precisi di quando, da piccola, con mia madre e mia sorella passavamo il mese di giugno in montagna. Avevamo una minuscola casetta sull’Appennino,  esattamente tra la Toscana e l’Emilia Romagna. Oltre la nostra casa non c’erano altro che boschi quindi ogni gioco assumeva una dimensione fiabesca. Io e mia sorella girovagavamo tutto il giorno da sole, alla ricerca di mirtilli, lamponi e delle profumatissime fragoline di bosco, costruivamo tende indiane con i rami e coperte, cuocevamo i cardi sul fuoco anche se poi non li mangiavamo perché a nessuna delle due piacevano e soprattutto eravamo perennemente in caccia di porcini, rosselle e galletti che riportavamo a casa nei nostri cestini di vimini. Ricordo il gioco del riflesso del sole sulle foglie degli alberi, quello strano alternarsi di luce fortissima e ombra che rendeva il bosco un posto magico e misterioso, la paura che era un pò desiderio di imbattersi in un lupo, animali che ancora oggi ogni tanto scendono in quella zona, il profumo delle foglie quando le spostavamo per vedere se nascondessero qualche fungo, il luccicare dell’acqua del lago quando riempiti i cestini ci sedevamo a mangiare sui massi dondolando i piedi nell’acqua gelida. Quanto coraggio ci voleva per infilarsi nel letto, la sera e l’acqua del rubinetto al mattino era tanto gelata che faceva male ai denti. Le cose da fare, natura a parte, erano poche. Il cinema a Pievepelago, qualche viaggetto dal pastore che ci vendeva ricotta e ravioli freschi, la visita ogni due settimane alla biblioteca che per me rappresentava l’evento per eccellenza e che aspettavo contando i giorni alla rovescia. Restava tanto tempo libero e così io e mia madre pianificavamo il menù ogni settimana discutendo lungamente sui piatti da preparare. Io proponevo le cose che mi piacevano di più e venivo molto spesso accontentata anche perché mia sorella non mangiava praticamente nulla, beata lei, e quindi non era minimamente interessata a quello che le veniva posto davanti. Già a quell’età odiavo la carne e quindi i piatti che chiedevo erano per lo più pasta, sformati e torte. Era bellissimo alzarsi al mattino sapendo che a pranzo ci sarebbe stato qualcosa che mi piaceva tanto e mi godevo l’attesa almeno quanto il cibo. L’adolescente è cresciuto così e come saprebbe potuto essere altrimenti? Io faccio il menù ad inizio settimana, lo sottopongo alla sua approvazione e poi faccio la spesa di conseguenza ma nonostante questo, la prima cosa che mi chiede ogni giorno, appena salito in macchina davanti a scuola è sempre la stessa: “Cosa si mangia?” Fa anche le sue richieste, soprattutto per quello che riguarda colazione e merenda e si lamenta sempre del fatto che gli preparo un sacco di cose buone che però una volta pubblicate non appariranno mai più sulla nostra tavola. Per esempio i garlic breadsticks poverino me li chiede da quando li ho fatti la prima volta e ancora non ci ho messo mano. Nel complesso comunque questi figli di foodblogger sono fortunati, per la qualità, la varietà e l’originalità di quello che si vedono mettere davanti, tanto che a volte mi viene da pensare quanto sarà difficile il compito per le ragazze che se li prenderanno. Sarà dura superare le suocere ma per tutto questo fortunatamente c’è tempo 😊 Vi lascio con questi cappellacci che hanno un poco il profumo di quelle estati lontane..

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cappellacci-di-patate-e-porcini

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Cappellacci di patate e porcini con fonduta di taleggio
Porzioni4 persone
Ingredienti
Impasto:
Fonduta:
Istruzioni
  1. Per prima cosa mettete a lessare le patate intere alle quali avrete accuratamente lavato la buccia usando uno spazzolino. Mentre cuociono preparate l'impasto mettendo le farine e le uova nella vasca della planetaria. Incominciate a mescolare a vel. minima usando la K ed aggiungete l'acqua necessaria, dopo di che, appena l'impasto incomincia a compattarsi, sostituite la K con il gancio a spirale ed aumentate la velocità a 1. Impastate per 2 minuti e quindi aumentate la velocità a 2/3 per una trentina di secondi. Questo servirà a dare forza all'impasto. Fate riposare l'impasto per una mezz'ora coperto da una scodella. Preparate la farcia: tagliate finemente lo scalogno ed il prezzemolo e soffriggeteli brevemente in poco olio. Aggiungete i porcini che avrete scongelato, sciacquato e tritato grossolanamente. Salate, pepate e fate saltare a fuoco vivace per qualche minuto. Se avete lo schiacciapatate passate le patate ormai cotte senza togliere la buccia che resterà nello schiacciapatate e vi risparmierà le mani, oppure sbucciatele con attenzione e passatele immediatamente al setaccio. Mettetele in una ciotola, aggiungete il burro, il parmigiano grattugiato, i porcini, salate e pepate. Portate a bollore l'acqua in un tegame molto capiente e nel frattempo preparate la fonduta: Mettete il latte e la panna in una padella e fate riscaldare. Prima che arrivino ad ebollizione aggiungete il taleggio a pezzetti e mescolate fino a quando il formaggio non sarà completamente fuso. Togliete dal fuoco e continuate a mescolare per un poco. Salate l'acqua, cuocete i cappellacci, scolateli e versateli nella padella della fonduta con un cucchiaio dell'acqua di cottura e fate saltare brevemente. Servite cosparsi di timo fresco.

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